VOCE
LA STORIA
30.11.2022 - 15:06
Si chiama manovra di Heimlich ed è tanto semplice quanto fondamentale: salva la vita. Consiste in una violenta compressione del diaframma, operata a mani nude, che consente alla persona alla quale la si pratica di espellere eventuali corpi estranei che abbia ingerito e che blocchino la respirazione. Sarebbe auspicabile fosse patrimonio di ogni persona, invece, a oggi, in Italia solo una minoranza la sa praticare bene e il suo insegnamento rimane ancora spesso "confinato" nei corsi di primo soccorso.
E' la manovra che ha consentito, unitamente a un grande sangue freddo e a una estrema celerità, a un poliziotto in servizio alla sottosezione di Badia Polesine di polizia autostradale di salvare la vita, nei giorni scorsi, a una persona, mentre si trovava fuori servizio a Trento. Un gesto che ha fatto la differenza al massimo livello, ma assolutamente non sbandierato, tenuto per sé. Perché il bene si fa, ma non si dice. Sino a quando non è arrivata la lettera di colui che ha beneficiato del salvataggio, che ringrazia il giovane e, in generale il corpo della Polizia.
Una lettera toccante, che parte descrivendo come, in pochi secondi, in una giornata assolutamente normale, in un bar gelateria, una persona perfettamente in salute si sia trovata davanti alla prospettiva più tremenda: morire, di lì a qualche istante. A causa di una deglutizione "andata storta", in un bar gelateria di Trento. Parole, semplici, lineari, dalle quali traspare il genuino stupore e terrore per trovarsi d'un tratto prossimi a chiudere gli occhi per sempre, non senza sofferenza, al bar.
E sarebbe, probabilmente, andata così, al 46enne che scrive la lettera, se non fosse stato per il giovane poliziotto col quale incrocia lo sguardo mentre, alzatosi all'improvviso, annaspa cercando di tirare a forza nei polmoni quell'aria che non passa più. Con gli occhi lancia una richiesta di aiuto a quel giovane, ma non c'è bisogno: ha già capito, si è già alzato e sta arrivando. Esegue al volo la manovra di Heimlich, il boccone finito di traverso viene espulso, e la morte torna ad essere una prospettiva lontana, quasi irreale.
Poi un grande grazie e una domanda, "dove hai imparato a farla?". "Sono un poliziotto, ce la insegnano durante l'addestramento". E, così, il grazie, oltre che al giovane che l'ha salvato, viene rivolto anche alla Polizia.
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