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VENETO

Primo trapianto a cuore fermo: la tecnica che salverà vite

E' stato eseguito all'Azienda Ospedale Università di Padova

"Tumore al pene": amputato, ma la diagnosi era sbagliata

Lo scorso 11 maggio, l'Azienda Ospedale Università di Padova ha scritto un nuovo capitolo nella storia dedicata ai trapianti di cuore: il professor Gino Gerosa, direttore della Cardiochirurgia, con la collaborazione dell'Anestesia di Treviso guidata dal dottor Paolo Zanatta, ha eseguito il primo trapianto di cuore da donatore a cuore fermo controllato.

In parole semplici, potremmo dire da un cadavere. Ma la situazione è molto più complessa. "In alcuni Paesi, l'attesa dopo l'arresto cardiaco è di 2, massimo 5 minuti, mentre in Italia ne sono previsti 20. Quindi abbiamo studiato e lavorato intensamente per superare questo ostacolo e abbiamo dimostrato che anche in Italia si può fare questo tipo di trapianto", commenta il professor Gerosa durante l'incontro al quale hanno preso parte anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, "emozionato e orgoglioso di questo traguardo", e il direttore generale dell'Azienda Ospedale Università, Giuseppe Dal Ben. "Questo", aggiunge Gerosa, "significa poter incrementare di circa il 30% il numero di trapianti. Ed è solo l'inizio per aiutare i pazienti affetti da scompenso cardiaco che muoiono in attesa di un trapianto".

Secondo la legge italiana, il cuore deve rimanere fermo per 20 minuti. A quel punto, l'organo del donatore deve essere ricondizionato, ovvero perfuso: la sfida consiste nel superare la fase ischemica che spesso causa danni aggiuntivi agli organi, rendendoli inutilizzabili. Nonostante le difficoltà, l'Azienda ha mantenuto la determinazione, in attesa dell'autorizzazione del centro nazionale trapianti per procedere con questo tipo di intervento.

E così, l'11 maggio, arriva a Padova la segnalazione dall'Usl 2 di Treviso di un donatore potenzialmente compatibile con un paziente padovano di 46 anni, affetto da cardiopatia congenita e già sottoposto a due interventi chirurgici, in lista d'attesa per un trapianto dal 2020 e con poche speranze di sopravvivenza.

"Il paziente era quasi alla fine della sua vita in attesa del trapianto", conferma Gerosa. "Il programma di donazione a cuore fermo è attivo da molti anni con risultati positivi per il fegato e il rene", afferma Paolo Zanatta. "Oggi sappiamo con certezza che è possibile rendere disponibile anche il cuore".

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