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ORRORE A BADIA POLESINE

Fece a pezzi il marito, 14 anni e sei mesi alla "macellaia"

Lo smembrò, lanciando le varie parti, chiuse in sacchetti dell'immondizia, a Badia Polesine

Ha ucciso e fatto a pezzi il marito: a processo

14 anni e 6 mesi di reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale pari alla durata della pena. Questa la sentenza pronunciata dalla Corte d'Assise del Tribunale di Rovigo a carico di Nadire Kurti, 68 anni. Un processo nel quale più che i fatti, sostanzialmente ammessi dalla donna, pure in un quadro di condizioni mentali estremamente problematiche, la questione centrale era proprio la sua capacità di intendere e di volere e di stare in giudizio.

Il 21 luglio scorso la donna, residente col marito Shefki Kurti, come lei di origini albanesi, in una abitazione in zona grattacielo a Badia Polesine, lo avrebbe ucciso, colpendolo con una accetta. A spingerla a questo gesto dissennato sarebbe stato appunto una sorta di delirio basato sulla gelosia, una vera e propria patologia mentale, classificata e identificata.

Poi, come una vera e propria macellaia, avrebbe sezionato e fatto a pezzi il cadavere del marito, chiudendo le varie parti in numerosi sacchi neri dell’immondizia, che avrebbe lanciato nell’Adigetto, così come i vari coltelli, almeno quattro, utilizzati per questa sconvolgente operazione.

Sembra la trama di un film, forse sarebbe addirittura esagerata in questa forma; invece, a quanto emerge dalle accurate indagini dei carabinieri - nell’abitazione intervennero anche gli investigatori del Ris - coordinati dalla Procura, è esattamente quanto sarebbe avvenuto tra quelle mura.

Il corpo venne recuperato nell’arco di alcuni giorni, che videro il succedersi di vari macabri ritrovamenti tra Lendinara e Villanova del Ghebbo, sempre nelle acque dell’Adigetto. I coltelli, invece, furono ritrovati poco distanti dal ponte di fronte al grattacielo, esattamente dove erano stati lanciati.

Nella mattinata dello scorso 14 aprile si era tenuta l’udienza precedente, di fronte ai giudici della Corte d’Assise di Rovigo. La difesa aveva dato il proprio assenso all’acquisizione di tutto il fascicolo d’indagine. Una scelta che potrebbe apparire atipica, se non fossimo nell’ambito di un processo molto particolare, dove, appunto, non sono i fatti ad essere in discussione, quanto, piuttosto, le condizioni mentali dell’imputata, in particolare la sua capacità d’intendere e volere al momento del fatto, ossia l’omicidio, e il successivo trattamento al quale venne sottoposto il cadavere dell’uomo, e la attuale capacità di stare in giudizio.

Per il consulente dell’accusa, la donna era in grado di stare in giudizio, mentre la sua capacità di intendere al momento del fatto era grandemente scemata. Diversa l’idea del consulente della difesa, per il quale la donna al momento dell’omicidio non sarebbe stata assolutamente in grado di intendere e di volere, né attualmente potrebbe stare in giudizio. Sempre la difesa aveva chiesto una nuova perizia, ma i giudizi avevano rigettato questa richiesta.

Nella mattinata di venerdì 26 maggio, la sentenza. Di primo grado, ovviamente, con la conseguente possibilità di appello.

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Commenti all'articolo

  • frank1

    28 Maggio 2023 - 08:34

    un esempio di integrazione!!!era "italianissima"..aveva perfino la carta identita elettroniica!!

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  • diduve

    27 Maggio 2023 - 13:46

    Aveva cominciato bene, ma disfarsi cosi' del cadavere...

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  • frank1

    26 Maggio 2023 - 18:12

    14anni?? non li fara'mai!! una perizia psichiatrica (pagata da noi)...un buon legale (pagato da noi)...le maglie larghe delle legge faranno il resto.la si incontrera' al supermarket..alla stazione..nei bus nei bar..come nula fudesse.

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