VOCE
TRIBUNALE
29.01.2024 - 18:50
L’accusa era di violenza sessuale ed è per questa pesante ipotesi di reato che è arrivata la condanna a tre anni di reclusione. E’ stata comunque riconosciuta l’ipotesi lieve, mentre sono cadute le aggravanti contestate, inclusa quella relativa all’abuso della qualità di ministro del culto. Al centro della non semplice vicenda approdata all’attenzione dei giudici del Collegio di Rovigo c’era, infatti, in qualità di imputato, un prete. I fatti si sarebbero verificati nel luglio del 2022, in un Comune del Medio Polesine.
Come sanzioni accessorie, il Collegio ha disposto la interdizione in perpetuo dagli uffici inerenti la tutela e la curatela, oltre che l’amministrazione di sostegno, l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e l’interdizione legale per la durata della pena. E’ stato anche deciso un risarcimento in favore della vittima, da liquidarsi in separato giudizio, ma con una provvisionale immediatamente esecutiva da 10mila euro.
A difendere il religioso l’avvocato Cecilia Tessarin del foro di Rovigo. Una volta lette le motivazioni della sentenza, molto probabilmente verrà proposto Appello. A rappresentare la parte civile, invece, l’avvocato Sandra Passadore del foro di Rovigo. La richiesta dell’accusa, col pubblico ministero Sabrina Duò, era stata di due anni e mezzo di reclusione.
A subire la violenza sessuale, una ragazza di 18 anni, che conosceva il prete, col quale aveva un rapporto di amicizia. A quanto contestato dalla Procura, durante un incontro nell’abitazione del sacerdote, pare per sistemare il suo computer, l’uomo avrebbe fatto sedere la ragazza sulle sue ginocchia, quindi le avrebbe infilato una mano nelle mutande, poi una nel reggiseno, obbligandola quindi a subire atti sessuali. Un episodio che la giovane avrebbe anche immortalato col proprio cellulare, col quale avrebbe poi lanciato l’allarme alla madre.
La discussione è stata piuttosto lunga, anche alla luce degli elementi di complessità che il caso presentava. In primo luogo per le condizioni psichiche e cognitive della vittima: per l’accusa afflitta da un ritardo, per quanto non grave, per la difesa in realtà sofferente di dislessia, ma per il resto senza altre limitazioni, tanto da essere stata in grado di diplomarsi e di andare all’Università.
Molto si è discusso anche della veridicità delle sue affermazioni, alla luce di precedenti invenzioni e bugie, non relative a questa vicenda: per l’accusa questi episodi non avrebbero in alcun modo inficiato la verosimiglianza del racconto della violenza, mentre la difesa ha dato una lettura del tutto differente della questione.
Nel corso del dibattimento, sono stati ascoltati anche numerosi prelati polesani e, a questo proposito, la pubblica accusa ha stigmatizzato il comportamento di questi, asserendo, pur non domandando a loro carico la trasmissione degli atti alla Procura, come qualcuno non abbia detto la verità, alla luce di evidenti discordanze tra la deposizioni.
Un caso, insomma, estremamente delicato, che pare destinato ad avere una prosecuzione in Appello.
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