VOCE
CRONACA
04.07.2025 - 23:35
Un’esperienza diretta della realtà carceraria prima di indossare la toga. È questa l’idea al centro del disegno di legge “Sciascia-Tortora”, ora all’esame della Commissione giustizia della Camera: far trascorrere 15 giorni (e notti) in carcere ai futuri magistrati, subito dopo il concorso, come parte del loro percorso formativo.
L’iniziativa mira a rendere la giustizia più attenta ai diritti della persona. Vivere in prima persona le condizioni dei detenuti – oggi 63mila a fronte di 46.700 posti disponibili, con 34 suicidi solo nel 2025 – significa, secondo i promotori, responsabilizzare i magistrati prima che esercitino poteri così incisivi sulla libertà individuale. «Un’emergenza sociale», ha commentato il presidente Mattarella.
Il progetto è stato ideato da più realtà: l’associazione Amici di Leonardo Sciascia, Italia Stato di Diritto, la Fondazione Enzo Tortora e la Società della Ragione. Il testo prevede anche lo studio obbligatorio di diritto penitenziario e di autori come Beccaria, Manzoni, Sciascia e le lettere di Tortora.
Il ministro Carlo Nordio, già nel 2011, si era espresso a favore di un percorso simile, dichiarando che avrebbe voluto rendere obbligatoria la lettura completa delle opere di Sciascia per i magistrati.
L’intuizione originale risale al 1983, quando Leonardo Sciascia scriveva sul Corriere della Sera che i magistrati avrebbero dovuto passare almeno tre giorni in carcere per comprendere la portata delle loro decisioni. Era l’anno dell’arresto (poi rivelatosi ingiusto) del giornalista Enzo Tortora: un caso simbolo, che mostrò come un errore giudiziario possa colpire chiunque.
Vivere anche solo per poco la realtà del carcere può insegnare che una sentenza non è solo un atto tecnico, ma un intervento sulla vita delle persone. Per questo i promotori auspicano che la proposta trovi un consenso trasversale e diventi presto legge.
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