VOCE
AMICI A QUATTRO ZAMPE
14.09.2025 - 14:00
Gli animali domestici non sono più un semplice contorno della vita di casa: fanno famiglia, accompagnano giornate e routine, e la loro presenza è ormai la norma. La scienza ne misura i benefici, il quotidiano li conferma. Ma la convivenza nei condomini ha regole precise e, dopo la riforma del 2012, anche una cornice giuridica chiara: il diritto di tenere un cane o un gatto in appartamento non può essere vietato dal regolamento condominiale, grazie alla modifica dell’articolo 1138 del Codice civile introdotta dalla Legge 220/2012. Restano però doveri stringenti per i proprietari e tutele per i vicini, perché il benessere di tutti, animali compresi, dipende dall’equilibrio tra libertà e responsabilità.
La legge tutela anzitutto la possibilità di tenere in casa animali da compagnia, in primis cani e gatti. Restano zone d’ombra su specie meno comuni come conigli o rettili, mentre per gli esotici è legittimo che i regolamenti ne vietino la detenzione. Il principio è semplice: sì agli animali domestici, ma nel rispetto di igiene, sicurezza e quiete pubblica. Alcuni condomìni, per motivi igienico-sanitari, possono limitare il numero di animali per appartamento; l’allontanamento di un singolo animale è possibile solo in casi gravi e documentati, ad esempio quando provochi problemi igienico-sanitari, disturbi intollerabili o sia riconosciuto pericoloso.
La convivenza civile comincia dalle basi: ogni animale deve essere iscritto all’anagrafe, identificato con microchip e seguito sul piano sanitario con vaccinazioni e libretto aggiornato. La cuccia pulita evita odori oltre la normale tollerabilità; i bisogni si raccolgono sempre; non si arrecano danni alle parti comuni. Nelle aree condivise, compresi giardini e corridoi, il cane circola al guinzaglio corto (non oltre 1,5 m) e la museruola va tenuta al seguito e indossata quando serve, in ascensore sempre. Durante le ore di riposo e nei giorni festivi, il proprietario deve prevenire e contenere l’abbaio.
Lasciare l’animale solo in casa o sul balcone è una scelta che diventa illecita se comporta sofferenze per l’animale o disturbi rilevanti per i vicini: in quel caso possono configurarsi reati come l’abbandono o il disturbo della quiete, quando si superano i limiti della normale tollerabilità. In assemblea condominiale non tutto è deciso a maggioranza: le delibere non possono violare la legge e sono nulle se limitano in modo arbitrario la libertà di tenere animali o se l’argomento non era all’ordine del giorno. Diverso il capitolo locazioni: il proprietario dell’immobile può inserire nel contratto di affitto un divieto di detenzione di animali; una volta firmato, quell’impegno vincola l’inquilino. Anche i diritti dei vicini sono tutelati. Se il cane abbaia in modo tale da rendere la convivenza intollerabile, il responsabile è il proprietario, e la tutela scatta anche quando il disturbo colpisce un solo condomino. Nel giardino condominiale non è ammesso il “liberi tutti”: niente girovagare senza guinzaglio. Il proprietario risponde sempre di ciò che fa il proprio cane, a prescindere dalla razza.
Attenzione anche al penale. I rumori molesti riconducibili agli animali — i classici abbai o miagolii insistenti che turbano il riposo — possono far scattare l’articolo 659 c.p.. Gli escrementi non raccolti e lasciati nelle parti comuni espongono a responsabilità ai sensi dell’articolo 639 c.p.. Le sanzioni esistono, e l’inerzia non conviene a nessuno. La tutela degli animali è un altro tassello del quadro. Appropriarsi di un cane trovato senza riferimenti e privo di microchip non integra un furto, ma resta l’obbligo civico di segnalarne il ritrovamento alle autorità competenti. È vietato trasportare i cani nel bagagliaio dell’auto, così come è reato usare collari a impulsi elettrici. Lasciare un cane chiuso in macchina o esposto al sole, con rischio di colpo di calore, non è solo incivile: è penalmente rilevante.
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