VOCE
Veneto
12.06.2024 - 06:00
L'Università di Padova è nuovamente teatro di tensioni e proteste. Gli studenti pro Palestina hanno occupato il cortile del prestigioso Palazzo Bo, cercando di forzare il blocco degli agenti della Digos. La situazione è esplosiva e riflette un malcontento che si protrae da mesi, culminato in una serie di eventi che hanno visto la partecipazione attiva della comunità accademica.
A maggio, Palazzo Bo era stato occupato dalle tende per una settimana, con una protesta che aveva raggiunto il suo apice il 14 maggio, in coincidenza con la seduta del senato accademico. In quell'occasione, il senato aveva approvato all'unanimità una mozione di condanna delle violenze dell'esercito israeliano a Gaza e aveva dato il via libera al finanziamento di cinque borse di studio per studenti palestinesi, affinché potessero venire a studiare a Padova. Tuttavia, queste misure non sono state sufficienti per placare gli animi degli studenti pro Palestina. La governance dell'ateneo, guidata dalla rettrice Daniela Mapelli, è stata accusata di non fare abbastanza. "Un'università che da mesi ignora studenti e studentesse e pensa di rifarsi la faccia finanziando solo cinque borse di studio per studenti palestinesi, dimostra il suo sostegno incondizionato a Israele e conferma la natura unilaterale e antidemocratica dei propri organi decisionali," ha dichiarato Riccardo Fasano, portavoce della protesta.
Gli studenti pro Palestina non si accontentano delle misure adottate finora e chiedono un cambiamento radicale. Vogliono che la comunità accademica attiva partecipi a un senato accademico pubblico, che discuta la loro mozione sul boicottaggio accademico. "Non possiamo accettare forme di discussione diverse da quella pubblica," ha aggiunto Fasano, sottolineando la necessità di un dibattito aperto e trasparente. La richiesta di un senato accademico pubblico rappresenta una sfida diretta alla governance dell'università, mettendo in discussione la legittimità e la trasparenza delle decisioni prese finora. Gli studenti vogliono essere parte attiva del processo decisionale, non solo spettatori passivi.
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