Cerca

Immobiliare San Pietro, a Bancadria il crack costa 1,4 milioni di euro

Il fallimento

88890

L'opificio degli ex Molini Adriesi

A tanto ammonta la somma che la società immobiliare (di cui fino al 2015 è stato socio anche il presidente dell'Istituto di credito, Giovanni Vianello) non ha restituito alla banca. E la garanzia...
La notizia non ha sorpreso più di tanto: l’Immobiliare San Pietro, la società creata ad hoc nel 2007 per il recupero dell’area del sito di archeologia industriale degli ex Molini Adriesi, è stata dichiarata fallita lo scorso 24 luglio dal Tribunale di Rovigo.



Un destino per certi versi segnato, dopo che negli ultimi anni, vista anche la mala parata, il gruppo originario composto da una dozzina di imprenditori si era dunque via via assottigliato, fino a lasciare la società in mano quasi solo ad Arnaldo Cavallari, il compianto “patron” della ciabatta.



E dopo la sua morte la situazione è precipitata, con l’ultimo amministratore (nominato fra l’altro parecchi mesi dopo il decesso di Cavallari), a cui non è restato altro da fare che portare i libri in tribunale.



Un fallimento per certi versi “scritto”, ma che proprio per questo si lascia dietro un sacco di domande.



Tra l’altro proprio sui finanziamenti concessi all’Immobiliare San Pietro erano stati acquisiti documenti da parte della Guardia di finanza, poi girati alla Procura della Repubblica di Rovigo per un fascicolo d'inchiesta (o di acquisizione di informazioni) di cui si sono perse le tracce.



L’immobiliare aveva acquisito il complesso degli ex mulini con un prestito di Bancadria, il cui presidente, Giovanni Vianello era fra i soci fondatori della stessa società immobiliare. Il presidente aveva poi venduto nel 2015 le proprie quote, alcuni mesi prima che il credito venisse messo a sofferenza dalla banca.



Fra i creditori dell’Immobiliare il più esposto risulta infatti proprio Bancadria, che vanta (o sarebbe meglio dire vantava) un credito di 1,4 milioni di euro della durata di un anno e sette mesi a partire dal novembre 2013, tacitamente rinnovabile per un altro anno e fino alla scadenza del novembre 2018.



Un finanziamento che era garantito dal bene immobiliare ipotecato, ovvero l’opificio ex Ciabatta Italia di via Ca’ Cima, che secondo le perizie fatte all’epoca della concessione del prestito, era stato valutato 2,8 milioni di euro. Una cifra decisamente alta, visto che poi le operazioni commerciali e immobiliari progettate non hanno avuto seguito.



E all’interno della compagine societaria dell’Immobiliare, fino al giorno del fallimento, ha avuto una partecipazione anche un altro componente del cda di Bancadria, l’immobiliarista Guido Raule.



Insomma: con il fallimento dell’Immobiliare si chiude una partita che ha creato più di un grattacapo ai soci, ma anche a Bancadria. Spetterà ora al curatore nominato dal tribunale il compito di rimettere un po’ di ordine nelle carte. E di capire come uscire da questa situazione.
Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su

Caratteri rimanenti: 400