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Coimpo, bonifica prima di tutto. Ma a pagare rischia di essere il Comune

Il pronunciamento del Tar

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Rigettato la richiesta di sospensiva dell'ordinanza di bonifica entro 90 giorni. Ora la strada per trovare una soluzione che non pesi sulle tasche dei cittadini si fa più complessa.
Il Tar del Veneto ha rigettato con un’ordinanza pubblicata ieri mattina (giovedì 14 settembre), la richiesta di sospensiva presentata da Coimpo (patrocinata dall’avvocato Giuseppe Scuglia del foro di Padova) in relazione alla determina dirigenziale della Provincia di Rovigo del 31 maggio scorso con la quale si imponeva il termine massimo di 90 giorni per la bonifica del sito dell’azienda, a Ca’ Emo.


La decisione del Tar di non concedere la sospensiva rende a questo punto più tortuosa e stretta (anche se ancora non impossibile) la strada per cercare una soluzione che eviti il fallimento di Coimpo e, soprattutto, che eviti agli enti pubblici (comune di Adria, in primis) di farsi carico integralmente dei costi della bonifica del sito. Dunque che le spese, nell’ordine dei 3-5 milioni di euro, finiscano sulle spalle dei cittadini. Una cifra, fra l’altro, che rischierebbe veramente di mandare in default i conti di qualsiasi ente.


Ma tutto questo perché? Perché a fronte della pronuncia del Tar, e scaduti i 90 giorni concessi a suo tempo dal dirigente di palazzo Celio, la provincia ha in mano la possibilità di dare seguito al ritiro delle licenze a Coimpo.


Una decisione che rende più complessi i tentativi di fare intervenire un terzo soggetto economico imprenditoriale che, facendosi carico dei costi della bonifica, possa rilevare l’attività. Una strada, si diceva, non chiusa ma non facile da percorrere, visto che il Tar ha avvallato la tesi della Provincia secondo la quale deve essere la stessa Coimpo a farsi carico delle garanzie nel frattempo venute meno. E dovrebbe farlo con effetto retroattivo alla data di fallimento della società di assicurazione che le aveva sottoscritte (tra l’altro mai comunicato ufficialmente). Non semplice per una società che da due anni non svolge più la propria attività. Senza contare che le fidejussioni retroattive non esistono neppure.


Fin qui la cronaca di una giornata che ha visto il Tar prendere dunque la prima decisione. Decisione alla quale la società - secondo le informazioni in nostro possesso - sta pensando di opporsi presentando ricorso al Consiglio di Stato. E sempre i vertici Coimpo avrebbero in animo di chiedere nei prossimi giorni anche un incontro al prefetto per illustrare al rappresentante del governo la propria posizione e quanto si sta cercando di fare per evitare che la situazione precipiti. La palla, dunque, è tornata in mano alla Provincia che potrebbe decidere di procedere con la revoca delle autorizzazioni a Coimpo (dovendo poi trovare le risorse per farsi carico della bonifica dell’impianto dai fanghi contenuti al suo interno), o attendere il risultato del ricorso al Consiglio di Stato, riservandosi a sua volta di verificare eventuali soluzioni alternative, con la stessa Coimpo o meglio ancora con un terzo disposto a farsi carico - a fronte delle dovute garanzie - della bonifica in cambio della ripresa dell’attività.


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