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Coimpo, arriva una nuova pesante accusa

Tribunale

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All'udienza di stamattina il pm ha contestato l'ipotesi di omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Si tornerà in aula a febbraio per fare chiarezza sulla morte dei 4 lavoratori.
Alle pesanti accuse che pendono sugli otto imputati per la tragedia sul lavoro successa alla Coimpo nel 2014 se ne aggiunge una terza, che potrebbe far lievitare di molto la pena in caso di condanna.



All'udienza di stamattina, infatti, la prima a fascicoli riuniti dei due procedimenti penali legati alla morte dei 4 operai, il pm Sabrina Duò ha aggiunto un'altra ipotesi di reato. Si tratta dell'articolo 437 del codice penale, ovvero "la rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro". In altre parole il sostituto procuratore accusa gli imputati di non aver istallato o di aver danneggiato dispositivi destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro. E nel caso in cui dal fatto derivasse un disastro o un infortunio, come in effetti è successo, gli anni di carcere previsti vanno da un minimo di 3 a un massimo di 10.



I vertici di Coimpo e Agribiofert e il legale rappresentante della ditta in cui lavorava l'autotrasportatore deceduto devono rispondere anche di omicidio colposo plurimo, a cui si aggiunge quella di getto pericoloso di cose in riferimento alle emissioni provocate dall'azienda. Un'accusa, quest'ultima, da cui è "immune" soltanto il datore di lavoro del camionista.



Le difese, affidate agli avvocati Luigi Migliorini e Marco Petternella, hanno contestato la legittimità della nuova ipotesi di reato sollevata dal pm, chiedendo temine a difesa. Il giudice Nicoletta Stefanutti si è riservata aggiornando l'udienza al prossimo 19 febbraio, quando si tornerà in aula per fare chiarezza sulla morte dei quattro lavoratori.



Quel fatidico 22 settembre del 2014 era costato la vita a: Nicolò Bellato, 28 anni, ragionere della Coimpo; Paolo Valesella, 53 anni, operaio; Marco Berti, 47 anni, dipendente dell'azienda di trattamento dei fanghi e Giuseppe Baldan, 48 anni, camionista.



L'autotrasportatore, che aveva portato il carico all'interno dello stabilimento di Ca' Emo, fu il primo ad accasciarsi a causa della nube tossica che si era sprigionata dalla reazione chimica tra i fanghi riversati in una delle vasche e il contenuto delle vasche stesse. Bellato e Berti cercarono di salvarlo, raggiungendolo a bordo di un pick up, ma furono travolti dalle esalazioni. L'ultima vittima della nube tossica fu Valesella, che stava lavorando poco distante.












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