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ADRIA

Socotherm, silenzi e risposte vaghe: speranze al lumicino

Tremano una ottantina di famiglie, l'incontro "decisivo" non risolve nulla, un altro mese in bilico

Siamo al de profundis, anche se ancora nessuno ha il coraggio di dirlo”: è questo lo stato d’animo di quella trentina di persone che ieri mattina hanno partecipato al sit-in davanti al teatro Comunale mentre era in corso la videoconferenza al tavolo di crisi regionale sul caso Socotherm. Un pessimismo confermato poi dalle dichiarazioni dei rappresentanti sindacali e dal sindaco Omar Barbierato.


La fotografia della giornata è riassunta nelle parole di un lavoratore: “Ormai ci stanno dicendo: si salvi chi può. E’ chiaro che la multinazionale non ha intenzione di riaprire, quindi chi può trovi occupazione altrove”. Un altrove non facile perché il territorio polesano offre pochissime, quasi nulle, prospettive occupazionali. Quindi non resta che emigrare. Non facile per persone che hanno già superato la cinquantina, ma sono ancora lontani dalla pensione, rimodulare la propria vita condizionando anche in maniera forte la famiglia. Sono un’ottantina le famiglie che da oltre un anno vivono con l’acqua alla gola. A pieno regime erano occupate mediamente oltre 200 lavoratori con punte che arrivano a 300, senza pensare l’indotto. “Un indotto da fuori di testa – spiega un lavoratore carico di rabbia - Tecnici, saldatori, elettricisti e tante altre attività di servizi: muore tutto”.

Lodovico Barbieri, rappresentante Rsu di viale Risorgimento non ha peli sulla lingua e si lascia andare, comprensibilmente, a qualche parole non riportabile. “Mai vista una cosa del genere in 30 anni di impegno sindacale – tuona - è una vergogna inaccettabile. Ci faremo sentire, eccome che ci faremo sentire”. Per questi lavoratori e per le loro famiglie ancora un mese di agonia. La riunione si è chiusa senza alcun verdetto. Tutto rimandato di un mese con la speranza che la multinazionale canadese Shawcor dia un risposta chiara su quello che intende fare per lo stabilimento adriese.

“La Regione ha chiesto all’azienda – si legge in una nota dell’assessore regionale Elena Donazzan - di fornire entro un mese indicazioni utili rispetto al proprio orientamento sul futuro del sito di Adria. Ciò al fine di ristrutturare, in modo più coordinato possibile, ogni azione utile e possibile per la reindustrializzazione del sito, attraverso l’advisor indicato dall’azienda, la gestione e valorizzazione delle risorse umane. L’azienda – prosegue la nota - ha riferito che continuerà a verificare le possibilità di soggetti industriali interessati all’acquisizione del sito anche attraverso un advisor che è stato contrattualizzato allo scopo”.
Ecco, l’unica novità: affidamento di incarico alla società advisor Vertus per verificare se esiste sul mercato qualche interesse per l’acquisizione del sito o ramo aziendale. “Una novità che fa emergere una certa contraddizione da parte della società – afferma Enrico Rigolin, Cisl – Perché da un lato si dice che si stanno cercando nuove commesse, anche se ci crediamo poco, dall’altro si valuta la possibilità di mettere sul mercato l’impianto. Vogliamo capire a che gioco stiamo giocando”. Più improntata al pessimismo la riflessione di Federica Franceschi, Cgil. “Non si vedono prospettive – dichiara – Ad alcune persone sono arrivate richieste per un’altra occupazione, ognuno valuterà personalmente. Questo significa che si sta svuotando professionalmente lo stabilimento e una volta perse certe professionali, viene meno l’interesse per eventuali acquisizioni. E’ inaccettabile – prosegue con durezza – che un impianto produttivo che potrebbe occupare 300 persone con professionalità altamente qualificate, oltre a tutto l’indotto, debba vivacchiare con una ventina di persone”.

Dall’incontro è emerso che la società sta tentando di crearsi l’alibi della logistica, ovvero difficoltà di collegamento viario tra Adria e il porto Ravenna, dove vengono imbarcate gran parte delle produzioni. Su questo punto il sindaco Omar Barbierato è stato fermo: “La città ha investito molto sulle strade per favorire la viabilità dei mezzi pesanti, anche per i collegamenti con i principali snodi logistici vicini, come appunto Ravenna”. Cala il silenzio su piazza Cavour, il sole non riscalda l’aria, come le parole di sindaco e sindacalisti non riescono ad accendere un barlume di speranza nei lavoratori. Arriva il momento di togliere le bandiere, i lavoratori si allontanano in sordina: sapevano di non potersi aspettare tanto, se ne vanno con la consapevolezza di aver esaurito la speranza, per la Socotherm non c’è più futuro. Forse ci sarà qualcos’altro, intanto Adria ha quasi perso un altro dei suoi “gioielli” produttivi.

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