Dopo anni assolti i tre che erano sindaci e revisori legali della ex Banca di credito Adige Po di Lusia. L’istituto di credito era stato oggetto di ispezioni da parte della Banca d’Italia.
Erano imputati in concorso, in qualità di sindaci della ex Banca di credito cooperativo Adige Po di Lusia, nel maggio del 2011, del reato di false comunicazioni sociali e, in qualità di revisori legali, del reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni dei responsabili della revisione legale: ieri, in tribunale a Rovigo, il processo si è chiuso con il non luogo a procedere e l’assoluzione per tutti e tre.
Secondo l’accusa avrebbero omesso di riferire all’assemblea dei soci le valutazioni emerse dopo le ispezioni della Banca d’Italia (avvenute tra la fine di febbraio e il maggio del 2011), che comportavano maggiori perdite rispetto a quelle indicate nel bilancio del 2010. L’assemblea avvenne nel maggio del 2011. Per la difesa, però, il verbale di contestazione ufficiale della Banca d’Italia venne consegnato il 2 agosto.
Secondo l’accusa i tre, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire un ingiusto profitto consistente, tra l’altro, nell’evitare un possibile recesso di soci e nell’acquisirne nuovi e nell’evitare i costi per maggiori interessi da corrispondere agli investitori nel bilancio relativo all’anno di esercizio 2010 della banca, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni sociali, avrebbero esposto una situazione economica e patrimoniale non rispondente al vero.
In particolare, sempre secondo l’accusa, avrebbero omesso di rappresentare le risultanze dell’ispezione della Banca d’Italia da cui emergeva una previsione di perdita maggiore rispetto alla previsioni della ex Bcc.
I soci avevano così approvato un rendiconto in cui, tra l’altro, le cosiddette posizioni di sofferenza di circa 9 milioni (previsti dalla banca) erano state valutate dalla Banca d’Italia in 34 milioni circa e le previsioni di perdita sui crediti, che richiedono una specifica gestione per massimizzare le possibilità di rientro, erano passati da 6 milioni (quelli previsti in bilancio) ad una valutazione di quasi 16 milioni di euro. Per questa imputazione, è arrivata la sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
Per quanto riguarda invece le altre accuse i tre, secondo l’accusa, in qualità di revisori legali, “al fine di conseguire un ingiusto profitto (consistente tra l’altro nell’evitare un possibile recesso di soci e nell’acquisirne nuovi e nell’evitare i costi per maggiori interessi da corrispondere agli investitori) pur consapevoli delle valutazioni ispettive della Banca d’Italia, recepite nella delibera del 18 aprile 2011, e con intenzione di ingannare i destinatari delle relazioni, avrebbero occultato informazioni concernenti l’effettiva situazione economica e patrimoniale dell’istituto di credito in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle relazioni. Per questo reato, tutti e tre sono stati assolti perché il fatto non sussiste.
Il servizio sulla Voce del due giugno.
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