VOCE
NIMBY
27.11.2022 - 22:19
Il nuovo asse avrebbe dovuto unire A22 e Romea, intersecando Valdastico e A13
ROVIGO - Polesine nella morsa della “sindrome Nimby”. Dopo il “no” dei comitati all’impianto per cremare le salme nella campagna di Villanova del Ghebbo, andiamo a ripercorrere le tante opere affondate dal “no” di questo o quel comitato; ma anche quelle che, nonostante le contrarietà, sono arrivate a compimento; e quelle non fatte e poi rimpiante. Nimby, acronimo inglese di “Not in my backyard”, non nel mio giardino, è la sigla che riassume al meglio il fermo no dei vari comitati di residenti alla realizzazione delle grandi opere.
Una su tutte: la Nogara Mare, vittima eccellente della sindrome “Nimby”, che ha tenuto bloccato il nostro Polesine.
La tanto discussa autostrada regionale “Medio Padana Veneta Nogara-mare Adriatico” avrebbe dovuto migliorare le condizioni di mobilità est-ovest lungo l’area padana, integrando l’asse storico costituito dalla A4 con il potenziamento dell’asse medio padano.
Il percorso dell’opera avrebbe dovuto coprire il tratto compreso tra il casello di Nogarole Rocca sulla A22 e Adria, per una lunghezza di 107 chilometri, intersecando la A31 Valdastico e la A13 Bologna-Padova, ricalcando in larga parte il tracciato della Transpolesana che si sarebbe dunque dovuta allungare fino a Curicchi, agganciandosi alla futura Romea 2.0. Un progetto viario complesso.
In base al progetto preliminare, il tracciato si sarebbe diviso in quattro sezioni: tratto “0” da Nogarole Rocca a Nogara; tratto “1” da Nogara alla Transpolesana; tratto “2” di riqualificazione della Statale 434 da Legnago fino alla Statale 16 di Rovigo; tratto “3” dalla Statale 16 fino ad Adria.
Dopo (almeno) quindici anni di carte, sulla Nogara-mare è calata una pietra tombale, dettata dalla sentenza con cui il Consiglio di Stato ha respinto l’appello della concessionaria Brescia-Verona-Vicenza-Padova, mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese che si era aggiudicato la realizzazione dell’autostrada Medio Padana.
Ad opporsi da subito alla realizzazione di questa importante arteria, la rete dei comitati cittadini di Rovigo che aderì alle iniziative lanciate dal “Gruppo cittadini Lendinara” e di “Pontecchio pulita”, assieme a molti amministratori di allora.
Già nel 2008 iniziarono le prime battaglie per dire no alla Nogara-mare che venne definita inutile, dannosa e, soprattutto, svantaggiosa per il Polesine, fino ad ipotizzare come questa avrebbe potuto incidere negativamente “su un’area caratterizzata dal sistema fluviale del Canalbianco e dal Collettore Padano, provocando inevitabilmente rischi anche per l’assetto idrogeologico del territorio”.
Molti sindaci si schierarono con i vari comitati per impedire la realizzazione della Nogara-mare, asserendo, supportati da parte dei loro cittadini, che questa avrebbe rappresentato uno scempio sul piano ambientale, con ulteriori colate di cemento per la realizzazione dei tratti mancanti e dei numerosi svincoli e raccordi previsti, nonché un grave danno economico per gli utenti che si sarebbero trovati a dover pagare cari pedaggi per usufruire di una strada oggi gratuita in quanto pagata con le tasse.
Polemica ci fu anche per il fatto che si ritenne inaccettabile la promozione della mobilità su gomma (definita “inquinante, irrazionale, antieconomica, pericolosa e anacronistica”) mentre “si lasciava languire la mobilità ed il trasporto merci su rotaia e su acqua”, facendo chiaro riferimento all’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco che, a fronte di inestimabili e pluridecennali investimenti pubblici, rimaneva praticamente inutilizzata mentre il trasporto ferroviario per la mobilità pendolare era giunto ad un livello di disservizio inaccettabile.
Nel giugno del 2008, Il comitato Pontecchio pulita definì il progetto “insensato e una realizzazione inutile e costosa che sarà lasciata ai nostri figli e nipoti pur sapendo sin d’ora che di ben altro hanno bisogno. Un’autostrada - il suo giudizio - che nasce nel nulla e finisce nel nulla”.
E così, quel progetto è rimasto un nulla di fatto di cui ciclicamente si torna a parlare come un “sogno infranto”. A vincere, però, sono stati i comitati per il no.
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