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AMBIENTE

Trivelle, il no arriva dalla scienza

La Regione si impegna a dire no in caso di “evidenze su ricadute pregiudizievoli per il territorio”

Trivelle, il no arriva dalla scienza

Trivelle in mare Adriatico

Venezia si impegna a dire no in caso di “evidenze su ricadute pregiudizievoli per il territorio”

La Regione Veneto mette nero su bianco la propria contrarietà alle trivellazioni in Alto Adriatico e, in particolare, di fronte al Delta del Po. E lo fa con un emendamento al documento di economia e finanza regionale, riformulato dopo la prima stesura grillina e approvato in consiglio poco prima della mezzanotte di mercoledì sera.

“Un no - rivendica la consigliere leghista Laura Cestari - non ideologico, ma mosso dalla stessa logica che ispira l’operato della Regione sin dal referendum del 2015: quello di dire no alle trivellazioni sulla base di evidenze scientifiche che dimostrano come la sicurezza del territorio del Polesine sia messa a rischio dalla subsidenza”.

Il testo approvato, letteralmente, enuncia come “nel contesto della propria politica energetica, la Regione del Veneto, ove siano acquisite evidenze scientifiche in ordine a ricadute ambientali pregiudizievoli per il territorio e l’ecosistema delle trivellazioni di gas o di altre fonti fossili in Alto Adriatico e in terraferma, esprimerà, nelle diverse sedi istituzionali, la propria contrarietà alla loro ripresa”.

Una subordinata che, per l’opposizione, non è un “no senza se e senza ma”. Quello che invece aveva chiesto Erika Baldin (M5s) con l’emendamento originario, affossato a colpi di maggioranza.

“Bocciando l’emendamento presentato dalla consigliere Baldin l consiglio regionale si è docilmente allineato alle posizioni romane, anche a costo di mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e del territorio veneto”, l’attacco del portavoce dell’opposizione Arturo Lorenzoni.

“La Baldin? Mai vista in Polesine nelle battaglie contro le trivelle - replica a distanza Laura Cestari - il suo emendamento è stato bocciato perché ideologico: dire un ‘no senza se e senza ma’ fa soltanto male a chi vuole davvero difendere il nostro territorio, perché è una presa di posizione a prescindere che non fa altro che condannare il nostro territorio perché può essere facilmente attaccata da chi la pensa diversamente. Per questo abbiamo riformulato e approvato l’emendamento, confermando quello che diciamo da anni: siamo contrari alle trivellazioni perché vanno a creare seri danni al Polesine. Credo che l’approccio giusto per salvare il territorio sia proprio quello di affidarci a tavoli tecnici, composti da esperti dell’università e dell’Ispra e non certo da persone messe lì per imporre le trivellazioni”.

Insomma, il no politico e il no tecnico-scientifico alle trivellazioni vanno di pari passo. La stessa posizione che, nel pomeriggio, Luca Zaia aveva esposto a Roma al ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, alla presenza anche del ministro Adolfo Urso.

Un tavolo da cui è appunto emersa l’intenzione di coinvolgere le istituzioni nel campo della ricerca, da Leonardo all’Ispra e fino alle università, da affiancare ai tecnici nel percorso di analisi e approfondimento del tema.

Al centro della discussione, anche le problematiche segnalate dalle comunità locali e dai sindaci legate all’estrazione di gas in Alto Adriatico, e la richiesta di ottenere in via preventiva e prioritaria tutte le garanzie tecnico-scientifiche necessarie alla tutela dell’ambiente e del territorio. In Polesine e nel Delta, ad esempio, non si può dimenticare come la subsidenza, figlia delle estrazioni di metano degli anni del boom economico, abbia portato ad un vero disastro non solo ambientale, ma anche economico e sociale. E Luca Zaia si è sempre detto non solo cosciente del problema, schierandosi al fianco delle comunità locali.

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