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l’intervista

Toffoli: “Il Roverella è una fucina di cultura”

Il vicepresidente della Fondazione Cariparo: “Raggiunto un livello nazionale, pittura e fotografia sono una doppia arma vincente”.

Toffoli: “Il Roverella è una  fucina di cultura”

Giuseppe Toffoli, vicepresidente della Fondazione Cariparo

Forte impegno nella promozione del territorio e degli eventi culturali ad esso collegati. È il percorso, sempre teso al miglioramento, della fondazione Cariparo, come racconta Giuseppe Toffoli (intervistato alla casetta di Delta Radio), vicepresidente.

Da anni fondazione Cariparo svolge un ruolo importante nella promozione di eventi prestigiosi nel territorio. Tra quelli di maggiore successo la rinascita di palazzo Roverella.

“Da oltre 15 anni gestiamo palazzo Roverella con una proposta culturale molto innovativa che negli anni gradualmente ha riscosso sempre più apprezzamento dal pubblico, tra l'altro anche nazionale. I risultati ottenuti ci confortano perché le presenze sono in buona parte delle province vicine, come Verona, Bologna e Ferrara ed in generale tutto il Veneto. Una presenza che è stata gradualmente conquistata grazie all'impegno di tutti ma soprattutto ad una visione avuta da coloro che ci hanno preceduto 15 anni fa, che hanno capito che poteva essere uno strumento importante per risvegliare la città di Rovigo non solo da un punto di vista culturale, molto importante, ma anche da quello economico. Queste mostre hanno un indotto economico importante per tutto il territorio”.

Tra le mostre più importanti quella di Kandinskij che ha registrato presenze record.

“È stata la mostra più visitata, con circa 89mila presenze. È stato per noi un record, è un numero assimilabile alle mostre che si fanno normalmente nelle grandi città e nelle capitali, siamo molto soddisfatti di questo risultato”.

In questi giorni Palazzo Roverella ospita un'altra grande mostra, quella del fotografo e reporter Robert Capa.

"Il nostro impegno è fare due mostre all'anno, una legata alla pittura e una fotografica, su cui ci stiamo specializzando. La mostra di Robert Doisneau, altro grande fotografo, è stata una mostra bellissima che poi è stata riprodotta, su richiesta, nelle città di Roma e Aosta. L’attuale mostra di Capa sta seguendo, come numeri, quella di Doisneau. Mostra che presenta circa 360 scatti, quindi una delle più importanti che sia stata fatta su questo artista. Tra le particolarità scatti stampati proprio per questa occasione, quindi quasi totalmente inediti. Quello che emerge dalla mostra è che Capa non era solo un fotografo di guerra, ma un uomo che voleva andare oltre, cercando di essere testimone del suo tempo. Il suo sguardo non si fermava solo sul soldato o sulla trincea ma cercava il volto triste dei fanciulli o degli anziani, gravati da situazioni tragiche e difficili. Un occhio sul mondo”.

Esiste una mostra in particolare che vorreste poter ospitare?

“Direi di no, il nostro obiettivo è una crescita graduale. Negli ultimi anni, partendo dalla mostra sul Giapponismo, qualcosa di veramente innovativo, per passare poi a Marc Chagall, abbiamo lavorato in un crescendo, soprattutto dal punto di vista culturale. Quella di Chagall l'abbiamo addirittura presentata via etere, dato che eravamo in periodo Covid, anche ai componenti del museo di Gerusalemme, dato che lui era di origine ebraica. C'è sempre stato un grande interesse intorno a queste iniziative, non limitato alla mostra in sè, ma a tutto il contesto culturale che circonda la mostra”.

Secondo la sua opinione, anche il contesto in cui sono inserite queste mostre, cioè palazzo Roverella ha un valore?

“Quando la fondazione ha avviato questa iniziativa palazzo Roverella era pressoché sconosciuto come centro di interesse culturale. Oggi invece ha acquisito un'immagine, non solo a livello nazionale, partecipare ad un’esposizione in questa sede diventa prestigioso per gli artisti”.

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