VOCE
IL CASO
16.02.2023 - 09:27
Discriminatorio non dare il reddito di cittadinanza e l'assegno unico per i figli ai non italiani. Su questo doppio fronte è stata aperta una doppia procedura d'infrazione Ue contro l'Italia sul Reddito di cittadinanza e sull'Assegno unico per i figli. In entrambi i casi la Commissione chiede di rimuovere il requisito di residenza per ottenere i benefici, perché "discriminatorio" nei confronti sia dei cittadini comunitari, sia degli stessi italiani. La Commissione non si esprime, perché non può, sugli extracomunitari. Ma ottiene già la reazione forte di FdI: "Ennesimo affronto dell'Europa".
Nel caso del Reddito si tratta di 10 anni di residenza in Italia, di cui 2 continuativi. Da diverso tempo le associazioni del Terzo Settore, la Caritas, il comitato Saraceno istituito dall'ex ministro del Lavoro Andrea Orlando nel governo Draghi, definiscono il requisito - voluto dalla Lega nel 2019 - come abnorme perché taglia fuori i più poveri tra i poveri. Con il Sia e il Rei - antesignani del Reddito - era di soli 2 anni. Nel caso dell'Assegno unico per i figli il requisito è invece di 2 anni e secondo la Ue non ci dovrebbe essere, perché è una misura di welfare che spetta ai figli in quanto tali (come in Francia). E che rischia di essere persa anche dagli italiani che hanno figli minori all'estero.
Ma l'intento di Bruxelles non è sociale. La Commissione Ue guarda all'integrità del mercato Ue e ritiene il reddito minimo italiano "non in linea con il diritto Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori e dei cittadini". In altre parole, la normativa italiana impedirebbe ai cittadini europei - lavoratori dipendenti, autonomi, disoccupati, ma anche soggiornanti di lungo periodo fuori dall'Ue e beneficiari di protezione internazionale - di prendere il Reddito perché privi dei 10 anni di residenza.
Secondo l'Ue, basta un requisito minimo di tre mesi per evitare la "discriminazione indiretta", così definita perché la richiesta del decennio penalizza i comunitari, ma anche gli stessi italiani andati all'estero e poi tornati in Italia e in situazione di bisogno. L'infrazione trova d'accordo la Cgil: "Bene le decisione Ue, bisogna rimuovere le discriminazione". Ma crea un po' di incertezza nelle associazioni del Terzo Settore, visto che si rischia di spaccare la platea degli stranieri in poveri di serie A e B: i comunitari con un requisito di 3 mesi e gli extracomunitari di 10 anni. "Sarà una guerra tra poveri".
Non condivide Riccardo Zucconi, segretario di presidenza della Camera e deputato di Fratelli d'Italia: "Oltre il danno, pure la beffa. Non solo la Nazione in questi anni ha investito e buttato soldi in una misura assistenziale che non ha portato a nulla di buono, né in termini di occupazione né in quello sociale. Ora il Paese si trova davanti all'ennesimo affronto. La procedura d'infrazione è assurda".
In Europa sono 12 i Paesi che hanno vincoli di residenza alle loro misure di reddito minimo. L'Italia è prima con 10 anni. Segue la Danimarca con 9. Austria, Bulgaria, Cipro, Francia, Lussemburgo con 5 anni. Spagna e Portogallo con uno. Belgio, Germania e Lettonia con 3 mesi. Ora l'Italia, per evitare la sanzione, dovrà motivare le sue scelte all'Ue entro due mesi.
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