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LA SENTENZA

Strage di Rigopiano, assolto l'ex prefetto

"Il fatto non sussiste", il procuratore aveva chiesto 12 anni per Francesco Provolo

Strage di Rigopiano, assolto l'ex prefetto

L'ex prefetto di Rovigo Francesco Provolo

Una condanna e 27 assoluzioni piene, tra cui quella decisa per l'ex prefetto di Rovigo Francesco Provolo, per la strage di Rigopiano del 18 gennaio 2017. Il verdetto arriva a sei anni dal disastro e a tre anni e mezzo dall'inizio del processo.

L'unico condannato, a due anni e otto mesi è il sindaco di Farindola, dove si trovava l'hotel di lusso, Ilario Lacchetta. La sentenza di condanna pronunciata oggi 23 febbraio dal gup del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, per la tragedia dell'Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti. L'accusa aveva chiesto per Lacchetta, sindaco attuale e all'epoca del disastro, 11 anni e 4 mesi. Erano stati chiesti anche 12 anni per l'ex prefetto Francesco Provolo, ma insieme all'ex presidente della provincia Antonio Di Marco l'assoluzione è stata piena: perché il fatto non sussiste. 

I 30 imputati tra amministratori e funzionari pubblici, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.

Caos in aula dopo la lettura della sentenza. Molti parenti hanno urlato e contestato la decisione del giudice che ha assolto 27 imputati su 30.

Tra gli imputati l'ex Prefetto del capoluogo adriatico, Francesco Provolo, l'allora presidente della Provincia, Antonio Di Marco, e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Imputati sono politici, funzionari, dirigenti prefettizi e i gestori dell’Hotel, per ipotesi di reato che vanno dal disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni plurime colpose, falso ed anche depistaggio ed abuso edilizio. Il Procuratore Giuseppe Bellelli nella sua requisitoria aveva auspicato “una sentenza che in nome della Costituzione e del Popolo Italiano affermi il modello di Amministratore Pubblico che aveva il dovere di prevedere il peggio ed evitare la tragedia”. 

150 anni di condanna erano stati richiesti per gli imputati, dai 12 anni all’ex Prefetto Provolo, agli undici anni e 4 mesi per il sindaco di Farindola Lacchetta ed il suo tecnico comunale Colangeli, ai 10 anni per i dirigenti della Provincia di Pescara D’Incecco e Di Blasio, e le altre pene a seguire. 

L’inchiesta sul disastro si era conclusa nel novembre 2018, e aveva riguardato in un primo tempo il corto circuito avvenuto tra i vari livelli istituzionali che dovevano gestire l’emergenza maltempo. Erano state chiamate in causa Regione Abruzzo, Prefettura e Provincia di Pescara, Comune di Farindola; poi si era estesa anche alla mancata realizzazione della Carta prevenzione valanghe da parte della Regione e ai permessi per la ristrutturazione del resort, per un totale di 40 indagati. A fine dicembre 2018 c’è stata anche un’inchiesta bis sul depistaggio, a carico del personale della Prefettura di Pescara, compreso l’ex prefetto Francesco Provolo, per aver occultato il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara, con altri sette indagati. A dicembre del 2019 i vertici regionali sono usciti dal processo con 22 archiviazioni per ex presidenti della Regione ed ex assessori regionali alla Protezione Civile. 

Impressionante è stata la lentezza della giustizia italiana su questa vicenda: oltre alla sospensione per Covid ci sono stati 15 rinvii, ma davvero sembrano troppi i 1.318 giorni trascorsi tra la prima udienza, 16 luglio 2019, e il giorno della sentenza, soprattutto tenendo presente che la media italiana è di 1.600 giorni per i tre gradi di giudizio nel processo penale, e considerando che si tratta, in questo caso, di un rito abbreviato. 

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