VOCE
IL RICORDO
10.07.2023 - 18:00
“Luisito Suarez era un grande. Sia come persona che come giocatore. Un professionista eccezionale, dalla tecnica individuale sopraffina: avrò sempre in mente il suo colpo d’esterno destro quando lanciava in velocità Facchetti sulla sinistra, a 30/40 metri. Che dispiacere la sua scomparsa”.
Commenta così Saul Malatrasi, con un velo di tristezza ma anche di intatta ammirazione, la morte della leggenda spagnola della Grande Inter, avvenuta ieri mattina a 88 anni dopo una breve malattia. Il difensore polesano di Calto, oggi 85enne, unico calciatore al mondo ad alzare la Coppa dei Campioni con due squadre della stessa città (Milan e Inter), ha giocato con Suarez per due stagioni, dal 1964 al 1966, vincendo insieme a lui tutto ciò che si poteva e stringendo un legame profondo, che è poi durato nel tempo.
Malatrasi, il mondo del calcio si è svegliato con una bruttissima notizia...
“Mi ha subito avvisato un giornalista di Milano. Che dire, Luis era un grande, in tutto ciò che faceva. Come ragazzo non se la tirava affatto, se poteva dare una mano lo faceva senza problemi. Sempre allegro e disponibile. E come giocatore…”.
Pallone d’oro 1960, un anno dopo è approdato all’Inter di Helenio Herrera, diventandone “il cuore e l’anima” per oltre un decennio.
“Suarez era una mezzala coi fiocchi. Mai ha saltato un allenamento e quando Herrera lo metteva in testa al gruppo erano dolori per tutti. In campo non scherzava, anzi. Per non parlare della sua tecnica: giocava in maniera incredibile il pallone in corsa, faceva girare la squadra a ritmi alti. Un motorino. Un vero maestro. Parliamo di un giocatore moderno, oggi lo vorrebbero tutti”.
Fu suo compagno di squadra per due anni, i migliori della Grande Inter.
“E vincemmo due campionati, la Coppa dei Campioni e l’Intercontinentale, nelle tre sfide contro gli argentini dell’Independiente. Poi restammo in contatto anche in seguito, tanto che quando venne ad allenare alla Spal (nel 1977 ndr) lo ospitai a casa mia per cena, a Calto, assieme all’ex portiere Bugatti: facemmo l’alba. E lo vidi anche a Milano alcuni anni fa, quando ci invitò Massimo Moratti assieme a Corso e Landini. Mi accompagnò lui stesso in albergo, oggi sede del calciomercato, i cui proprietari erano spagnoli”.
Le generazioni più giovani hanno fatto in tempo a conoscerlo in virtù dei suoi trascorsi da opinionista sportivo.
“Ed era simpatico e competente anche in quell’ambito, con il suo italiano sempre ricco di inflessioni spagnole. Cosa vuole che le dica in più: ripeto, Luisito Suarez era un grande. Ora siamo rimasti in pochi di quella Grande Inter: io, Guarneri, Domenghini e Bedin, l’unico col quale mi sento abitualmente. Ma la vita, purtroppo, è così”.
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