VOCE
ITALIA
25.09.2023 - 07:13
Nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 settembre, all'ospedale de L'Aquila, si è spento Matteo Messina Denaro, uno dei nomi più temuti della criminalità organizzata italiana. Il boss di Cosa Nostra, noto come "U Siccu" o "Il camaleonte," è deceduto a causa di un tumore al colon. La sua morte segna la conclusione di una delle pagine più oscure della storia della mafia italiana.
La cattura di Messina Denaro, avvenuta il 16 gennaio 2023 a Palermo, ha posto fine a una latitanza di trent'anni, durante i quali è diventato un mito tra i mafiosi e un enigma per le forze dell'ordine. Il suo arresto si è verificato proprio davanti alla clinica La Maddalena, dove stava ricevendo trattamenti chemioterapici per la sua malattia.
La morte di Messina Denaro chiude un capitolo importante nella storia della mafia, segnando la fine di un'era caratterizzata dalle stragi e dall'attacco alle istituzioni. È stato l'ultimo dei Corleonesi a piede libero, il gruppo criminale responsabile di una serie di attentati che hanno insanguinato la Sicilia negli anni '80 e '90.
La decisione di Messina Denaro di non essere rianimato in caso di necessità, come espresso nel suo testamento biologico, ha sottolineato la sua volontà di portare con sé tutti i suoi segreti. Come suo padre, Don Ciccio, anch'egli morto mentre era in latitanza, ha preferito "uscire solo da morto," come affermato dalla sua vedova al suo funerale nel 1998.
La morte del boss pone fine anche al processo per le stragi di Capaci e via D'Amelio, in cui Messina Denaro era stato condannato all'ergastolo come uno dei mandanti. Il suo coinvolgimento nelle riunioni che hanno portato all'uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è stato confermato da diversi collaboratori di giustizia.
Un dettaglio significativo è emerso durante le indagini: Messina Denaro aveva consigliato a un amico di evitare l'autostrada per Palermo, suggerendo una strada alternativa. Quando si sono verificate le stragi, ha permesso all'amico di tornare a utilizzare l'autostrada.
La storia criminale di Matteo Messina Denaro ha radici profonde nella sua famiglia. Figlio di Don Ciccio, capo di Cosa Nostra nella provincia di Trapani, è cresciuto nell'ombra del crimine. Ha commesso il suo primo omicidio a soli 18 anni, seguendo le orme del padre.
Durante la latitanza di Don Ciccio, Matteo ha ereditato il ruolo del padre nelle tenute della famiglia D'Alì. Sebbene l'azienda agricola gli pagasse i contributi, raramente vi lavorava. Ha partecipato attivamente alle faide e si è consolidato come uno dei fedeli soldati di Totò Riina.
Uno dei momenti più drammatici della sua carriera criminale è stato il coinvolgimento nella pianificazione degli omicidi di Falcone, del ministro della Giustizia Claudio Martelli e dei giornalisti Maurizio Costanzo e Michele Santoro.
La strategia della "tensione" di Cosa Nostra, basata sugli attentati contro lo Stato, è stata un punto di scontro all'interno della mafia. Alcuni, come Bernardo Provenzano, ritenevano che fosse un errore, mentre altri, tra cui i Graviano e Messina Denaro, volevano continuare con gli attacchi.
La figura di Messina Denaro è rimasta avvolta nel mistero durante la sua latitanza. Gli inquirenti lo hanno cercato in tutto il mondo, sequestrando beni per miliardi di euro appartenenti a suoi prestanome. Si è parlato di investimenti in aziende di pollame in Venezuela e di legami con la 'Ndrangheta per i villaggi turistici in Tunisia.
La sua malattia, un tumore al colon in uno stadio avanzato, lo ha costretto a cercare cure mediche. Tuttavia, le sue ricchezze erano così intricate che non poteva permettersi di liquidarle facilmente per curarsi altrove. Ha scelto quindi di affrontare la malattia in Italia e, allo stesso tempo, di sistemare la sua eredità.
Nel corso degli interrogatori in carcere, Messina Denaro ha negato il suo coinvolgimento in Cosa Nostra, cercando di minimizzare il suo ruolo. Ha sottolineato la sua avventurosa vita e ha affermato di non sentirsi un mafioso.
La morte di Matteo Messina Denaro segna la fine di un'epoca nella storia della mafia italiana. Con lui se ne va un capitolo importante, mentre Cosa Nostra sta attraversando una fase di trasformazione. La sua figura rimarrà circondata da misteri e domande senza risposta, e la storia della mafia italiana dovrà ancora scrivere nuovi capitoli.
La Voce nuova | Direttore responsabile: Alberto Garbellini
Editrice Editoriale la Voce Soc. Coop. | Piazza Garibaldi, 17 - 45100 Rovigo Telefono 0425 200 282 - Fax 0425 422584 - email: redazione.ro@lavoce-nuova.it
Per la tua pubbicita' su questo sito: commerciale.ro@lavoce-nuova.it
Editrice: Editoriale La Voce Società Cooperativa. “La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo.” Redazione: piazza Garibaldi 17, 45100, Rovigo tel. 0425 200282 e:mail: redazione.ro@lavoce-nuova.it sito: www.lavocedirovigo.it
Pubblicità locale: Editoriale La Voce Soc. Coop. Divisione commerciale Piazza Garibaldi 17 - 45100 Rovigo - Tel. 0425 200282. Pubblicità Nazionale: MANZONI & C. S.p.A. Via Nervesa, 21 - 20139 Milano - Tel. 02 574941 www.manzoniadvertising.com Stampa: Tipre srl Luogo di stampa: via Canton Santo 5 Borsano di Busto Arsizio. POSTE ITALIANE S.P.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004, n.46) art. 1, comma 1, DCB (Ro). Testata registrata “La Voce Nuova” Registrazione del Tribunale di Rovigo n. 11/2000 del 09/08/2000.
Testata aderente all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria www.iap.it. Iscrizione al ROC n. 23289. Associata FILE