VOCE
COMUNE DI ROVIGO
06.10.2023 - 22:00
Oltre 67mila euro di reddito di inclusione, il “nonno” del reddito di cittadinanza, pagato indebitamente dall’Inps a cittadini rodigini a causa di errori o ritardi nella documentazione fornita all’Istituto nazionale di previdenza dal Comune.
Ora, l’ex dirigente del settore servizi sociali di palazzo Nodari, Giampaolo Volinia, dovrà pagare 52.116 euro e 95 centesimi. La Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, lo ha infatti condannato a rimborsare 40.116 euro e 95 cent a Inps e a versare 12mila euro al Comune di Rovigo come risarcimento per il danno da disservizio. A entrambe le cifre vanno aggiunti gli interessi legali.
La procura regionale della Corte dei Conti aveva citato, per la stessa vicenda, anche una funzionaria del settore servizi sociali del Comune, Elisa Corniani, la quale, però, nel marzo scorso aveva chiesto, e poi ottenuto, il rito abbreviato, al termine del quale ha versato (nei tempi previsti) 8.094 euro all’Inps, come “rimborso”.
Inizialmente, la procura aveva calcolato in 79.667 euro e 90 centesimi il danno totale, suddiviso in quattro voci: 20.233 euro di maggiori importi erogati sul reddito di inclusione a seguito “della fraudolenta modifica e trasmissione dei dati relativi ai richiedenti” per il periodo gennaio-novembre 2018, ipotizzando in questo caso una corresponsabilità al 50% di dirigente e funzionaria; 6.067 euro di maggiore Rei erogato a seguito di omessa trasmissione dei dati dei richiedenti per il 2017; 41.319 euro per la tardiva trasmissione dei dati delle restanti annualità; 12.047 euro per danni da disservizio. Delle ultime tre voci era stato individuato come responsabile il solo Volinia.
La vicenda affonda le sue radici al 2018, con la nascita del reddito di inclusione. Per il versamento del sussidio ai beneficiari, il Comune avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei requisiti e trasmettere all’Inps l’elenco delle prestazioni assistenziali già erogate dai servizi sociali, alcune delle quali cumulabili al nascente reddito e altre, invece, da detrarre, abbassando di conseguenza l’importo dell’assegno.
Nel corso dell’indagine, invece, la guardia di finanza ha rilevato “il mancato o intempestivo invio dei dati” da parte degli uffici, e pure “l’attribuzione indiscriminata del codice” che permetteva di cumulare altri sussidi al reddito, alzando così l’importo dell’assegno fino al massimo previsto. Un’attribuzione, quest’ultima, che “sarebbe stata attuata per non incorrere nelle conseguenze derivanti dalla tardiva trasmissione dei progetti assistenziali”. Insomma, codice uguale per tutti per fare prima. Da qui le maggiori erogazioni fatte dall’Inps, per gli importi citati. A quei 67mila euro, si aggiungono altri 12mila di danni da disservizio patiti dal Comune di Rovigo che, successivamente (dopo che alla guida del settore, nel 2019, è arrivato Giovanni Tesoro) ha dovuto “adottare tutta una serie di correttivi, e sostenerne i relativi costi al fine di regolarizzare la gestione amministrativa” della questione. In particolare, per ripristinare “l’efficienza amministrativa” ed eliminare “l’arretrato accumulatosi negli anni di gestione Volinia”, il Comune ha dovuto costituire “un gruppo di lavoro a progetto” e provvedere alla “nomina urgente di operatori incaricati di generare i file-dati per il successivo invio delle informazioni” all’Inps.
Mentre la Corniani ha deciso di uscire dal processo, vedendosi scontare il risarcimento, dai 10.116 euro inizialmente ipotizzati a 8.094, Volinia ha affrontato il giudizio difendendosi punto su punto, e cercando - nota il collegio giudicante - “di riversare ogni responsabilità sulla Corniani” mentre “non poteva che essere a conoscenza dell’operazione sostanzialmente illecita” e “avrebbe ben potuto e dovuto opporsi”.
Certo, la colpa non è tutta sua. E per questo la somma inizialmente determinata è stata ridotta “tenendo conto della compartecipazione al prodursi del danno di altri soggetti, non evocati in giudizio, i quali avrebbero potuto, con una condotta maggiormente responsabile e diligente” evitare il guaio. Per questo, rispetto ai 69mila euro inizialmente ipotizzati, Volinia è stato condannato a pagare poco più di 52mila euro.
In parallelo all’inchiesta della Corte dei Conti, era stato aperto anche un procedimento penale per truffa, che la procura di Rovigo ha archiviato ravvisando la “mancanza di ingiusto profitto”, pur rilevando “il prodursi di un evidente danno nei confronti dell’Inps”. Danno che ora dovrà essere risarcito.
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