VOCE
LA STORIA
17.10.2023 - 06:30
Jacopo Canola, 18enne studente e volontario di Croce Rossa e Protezione civile
E’ stato un 18enne, studente dell’istituto superiore ad indirizzo sociosanitario di Porto di Legnago, a prestare i primi soccorsi decisivi per salvare la vita al 21enne, difensore della formazione padovana dell’Union Cus, che ha accusato un collasso in campo, a metà del secondo tempo della sfida di Seconda categoria con l’Altopolesine, sul terreno del “Veneziani” di Castelmassa, domenica pomeriggio.
Jacopo Canola, 18 anni, studente al quinto anno dell’Iis Gino Luzzatto, è una ragazzo con le idee chiare. Nel suo futuro, dopo la maturità in programma per l’estate 2024, immagina il corso di laurea “in infermieristica o in fisioterapia, ma non escludo di intraprendere la strada di medicina”, dice. Volontario della Croce Rossa da quando aveva 14 anni e membro attivo della Protezione civile da quando ne aveva 16, nell’Altopolesine, la squadra della sua Castelmassa, nonostante la giovane età veste già gli abiti del massaggiatore.
Jacopo, cos’è successo domenica?
“Stavo seguendo la partita dalla panchina, come sempre. Onestamente con lo sguardo seguivo l’azione che vedeva i nostri in fase difensiva, quindi guardavo dall’altra parte quando all’improvviso dalla tribuna hanno iniziato a urlare che un difensore dell’Union Cus era a terra. Pensavo a uno scontro di gioco, ma poi ho visto i suoi compagni circondarlo, mentre qualcuno dei nostri mi ha detto che era caduto da solo. Istintivamente ho fatto uno scatto che, se ci riprovassi, non riuscirei più a fare, e l’ho raggiunto”.
Cosa stava succedendo?
“I suoi compagni di squadra gli tenevano la testa e cercavano di impedirne il soffocamento. Ci hanno messo tanta buona volontà, ma se non sei preparato rischi di fare peggio. Quindi ho preso il controllo della situazione, ho messo il ragazzo in posizione laterale di sicurezza per impedire che soffocasse con la lingua”.
Attimi concitati...
“Sono stati 10-15 minuti, ma mi sono sembrate ore. Il ragazzo non ha mai perso conoscenza, ma non parlava e non si muoveva. Gli ho aperto gli occhi e gli ho detto: se senti dolore, muovili a destra e sinistra. Abbiamo comunicato in questo modo”.
Gli ha praticato il massaggio cardiaco?
“Non ce n’è stato bisogno. Gli ho controllato i battiti e il respiro, che era affannoso e assolutamente non normale. Intanto ho continuato a parlargli e a tenerlo vigile. Quando ha chiuso gli occhi per un attimo ho avuto paura. Ho chiesto che mi portassero il defibrillatore ma per fortuna non c’è stato bisogno di usarlo. Dopo un po’ il ragazzo mi ha stretto la mano, e ho tirato un sospiro di sollievo. Quando ho sentito le sirene dell’ambulanza che arrivava in campo ho quasi avuto un mancamento. Mi è scesa l’adrenalina, ed ero sfinito”.
Cosa le hanno detto i compagni del ragazzo?
“Sono stati momenti molto duri. In panchina, tra le riserve, c’era anche il suo fratello minore, in tribuna il padre, mentre lo zio è dirigente della squadra. Proprio lo zio, poi, mi ha detto che il ragazzo era vivo per merito mio, mi hanno definito un angelo... Momenti molto toccanti”.
Ha risentito la famiglia? Come sta il ragazzo?
“Sì, mi hanno tranquillizzato. E’ ancora ricoverato in ospedale a Rovigo, è tenuto in osservazione, con la flebo. E’ stato escluso un infarto, parlavano di collasso. In ogni caso, già in campo era stato stabilizzato in ambulanza e solo dopo imbarcato sull’elicottero per il ricovero. Il fatto che non l’abbiano messo subito sull’elicottero per il ricovero di urgenza era già un segnale positivo riguardo alle sue condizioni”.
Jacopo, cos’ha pensato domenica sera, prima di addormentarsi?
“Mi sono detto: meno male che c’ero. Meno male che c’era uno che sapeva come agire in un caso d’emergenza. Altrimenti, chissà come sarebbe andata”.
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