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la grande alluvione

Quando il Po sconvolse il Polesine

Il 14 novembre 1951 la rotta del grande fiume. Gli argini saltarono a Canaro e Occhiobello.

Quando il Po sconvolse il Polesine

L’alluvione del 1951 sconvolse il Polesine

Un evento impresso per sempre ella memoria del Polesine. Si avvicina l’anniversario dalla tragedia dell’alluvione del Po del 1951. Quel giorno di 72 anni fa il Po ruppe gli argini a conclusione di un periodo di piogge torrenziali che avevano causato una piena eccezionale già da alcuni giorni. Gli argini del Po saltarono prima a Paviole di Canaro e poi a Malcantone di Occhiobello. E fu una rotta che mandò sotto metri di acqua e melma gran parte del Polesine; acqua che sommerse campi e case lasciandosi alle spalle una devastazione destinata a lasciare una cicatrice indelebile sulla terra e nell’anima dei cittadini.

Una tragedia che ha segnato la storia del Polesine e che resta impressa nella memoria collettiva. Giovedì prossimo ricorreranno i 68 anni dall’alluvione del Po, che il 14 novembre del 1951 allagò mezza provincia di Rovigo con conseguenze sul territorio e sulla popolazione che durano ancora oggi. Quel giorno il fiume ruppe gli argini a Canaro e Malcantone di Occhiobello, causando morti e devastazioni. Giovedì, come tutti gli anni, ci saranno cerimonie, rievocazioni e ricordi.

 Era il 14 novembre del 1951 quando il Po ruppe gli argini prima a Paviole di Canaro e poi a Malcantone di Occhiobello. Non erano ancora scoccate le 8 di sera e le acque fangose del grande fiume con la loro violenza devastatrice sommersero tre quarti del Polesine. Il bilancio tragico: 84 le vittime del camion della morte. Altre tre persone decedute per altri motivi. Migliaia di capi di bestiame annegati. Case distrutte. Chilometri e chilometri di strade rese impraticabili. Danni immensi che si aggiungevano a quelli causati dall’ultimo conflitto mondiale.

Era infatti appena iniziata la ricostruzione postbellica, quando il Polesine, che stava guardando con speranza al futuro, si trovò di fronte questa immane tragedia, che imponeva altri interventi urgentissimi con finanziamenti ingenti. L’emergenza venne superata nel giro di un anno grazie all’azione del governo che inviò qui in Polesine un commissario nella persona del senatore Giuseppe Brusasca per coordinare i soccorsi e programmare le opere da realizzare.

Contemporaneamente scattò anche un’incredibile catena della solidarietà che coinvolse il mondo intero. Arrivarono aiuti dall’Urss agli Stati Uniti, dalla Corea al poverissimo Afghanistan. Fu una gara che venne poi ricordata con l’intitolazione del piazzale della stazione ferroviaria alla Riconoscenza. L’alluvione del Polesine è ricordata anche come uno dei primi grandi eventi catastrofici seguiti dai media. La neonata televisione italiana fece i primi reportage filmati, contribuendo alla messa in moto di una delle prime macchine della solidarietà. In Polesine arrivarono giornalisti da tutta Italia, e dal mondo intero, per raccontare quei fatti. Eventi narrati anche dal grande cantore del Polesine, Gianantonio Cibotto.

Ma se in qualche modo questa seconda ricostruzione avvenne, tuttavia i danni psicologici legati all’alluvione rimasero per alcuni decenni: il Polesine era ritenuta terra insicura. La sicurezza idraulica non dava certezze. Per cui erano rarissimi gli operatori economici che decidevano di investire nel territorio racchiuso tra Adige e Po. E la mancanza di investimenti e quindi di posto di lavoro portò ad una emigrazione di circa 100mila persone che scelsero per loro residenza città e paesi del cosiddetto Triangolo Industriale. La quasi normalizzazione arrivò verso la fine degli anni ‘60 del secolo scorso.

Nel 1951 l’intera Pianura Padana era stata vittima di una forte perturbazione atlantica e di un’altra perturbazione proveniente dall’Africa settentrionale che in poco tempo riversarono sul nord piogge estese a tutto il bacino idrografico del Po (circa 70.000 km di superficie). Temporali continui che causarono forti piene negli affluenti del Po, che provocarono un aumento del livello del fiume, soprattutto nei punti in cui il corso del fiume si restringe come ad esempio a Pontelagoscuro. Le strozzature determinarono un aumento della velocità dell’acqua ed un rialzamento a monte ed a valle di questi punti critici. E così attorno alle 19.45 il fiume esondò e ruppe gli argini a Paviole di Canaro, attorno alle 20. Si verificò una seconda rotta in località Bosco di Occhiobello ed attorno alle 20.15 seguì la rotta di Malcantone sempre ad Occhiobello.

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