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Fondazione, il cuore del Polesine

“Grandi mostre e rilancio del Censer, ma anche aiuto alle associazioni e sostegno alle donne”

Fondazione, il cuore del Polesine

Roberto Saro racconta la “sua” Fondazione. Il segretario generale della Fondazione Cariparo ieri è stato ospite di “Eccellenti”, il programma in onda sulle frequenze di Delta Radio al giovedì alle 13 (e in replica la domenica mattina). E, dialogando con Fiammetta Benetton, si è raccontato a 360 gradi spiegando mission e obiettivi della Fondazione, vera eccellenze del territorio.

Nato a Jesolo, laureato in economia, studia in parte a Rovigo e poi a Verona, e il Veneto lo conosce bene, tanto che nel 2003 diventa segretario generale della Fondazione Cariparo.

Ma cosa fa esattamente il segretario della Fondazione Cariparo?

“Nel 2003 sono diventato segretario, ma avevo già lavorato 10 anni in Fondazione. Le Fondazioni nascono da una banca e, spesso e volentieri, ancora oggi sono confuse con le banche stesse, ma banche non lo sono né per mission né per la concezione per le quali sono state costituite. All’epoca sono state costituite per creare un proprietario delle banche pubbliche che non avevano azionista, al fine di fare beneficenza con i frutti di un patrimonio che all’anno zero era costituito proprio dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigom che è poi stata assorbita da diverse realtà e che oggi è Intesa San Paolo, che continua ad essere un elemento importante del nostro investimento patrimoniale e grazie alla quale la Fondazione ha una buona capacità economica per poi finanziare l’attività filantropica che svolge ogni anno”.

La potremmo definire una sorta di direttore?

“Sì, sostanzialmente la funzione è quella di direzione e coordinamento di uno staff che attualmente è intorno alle 40 persone. La mia funzione è legata alla gestione finanziaria del patrimonio che è di oltre due miliardi di euro, con investimenti finanziari che sfiorano i tre miliardi. Questa capacità di investimento consente poi di avere le risorse economiche per poi fare attività erogative. Non è facile gestire un patrimonio così rilevante e in questa prospettiva abbiamo cercato di utilizzare le migliori pratiche che si usano a livello internazionale per la gestione di un patrimonio che deve essere differenziata, prudente e, ovviamente, anche redditizia, per cui questa serie di componenti vengono sviluppate sia attraverso le attività del nostro staff e sia anche da parte di consulenti esterni che ci supportano in queste scelte. L’altra parte della mia funzione è quella Invece di individuare i progetti, selezionarli e poi darne attuazione attraverso un percorso anche questo molto rigoroso e molto anche trasparente perché uno degli obiettivi nostri è quello di riuscire a sviluppare l’attività della Fondazione con queste caratteristiche che poi dopo rappresentano il valore aggiunto e che consentono di avere anche il riconoscimento da parte della collettività che riceve poi i sostegni della fondazione”.

La Fondazione è molto conosciuta Rovigo per l’attività a palazzo Roverella, e per le grandi mostre che vengono proposte. Oltre a questo, quali sono i progetti che voi state portando avanti?

“Tra nostri interlocutori principali a Rovigo e provincia sono gli enti locali, e con il Comune di Rovigo abbiamo prospettive di sviluppo con l’Accademia dei Concordi, attraverso il restauro dei palazzi accademici, e al Censer che, tramontate le prospettive fieristiche, rilanceremo come polo di istruzione, formazione e innovazione”.

Qual è il ruolo della donna nelle prospettive della Fondazione?

“Come attività istituzionale, la Fondazione ha sempre sostenuto quelle realtà, anche associative, che hanno come obiettivo quello del contrasto alle violenze sulle donne e quindi abbiamo anche finanziato case rifugio proprio per mettere in sicurezza delle donne e delle mamme che potevano essere soggetti a rischio. Inoltre, lo staff della Fondazione è prevalentemente costituito da donne molto brave e la maggioranza dei responsabili e dei dirigenti di sono donne”.

Ci racconta qualcosa anche di venture capital?

“Si tratta di fatto della possibilità, da parte di operatori specializzati, di esplorare idee progettuali che si possano trasformare in un’attività imprenditoriale di un prodotto di successo, ovviamente, se questo è caratterizzato da importanti fattori di innovazione e in questo, l’università è un interlocutore privilegiato”.

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