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TRIBUNALE

"Drogavano i bovini per ottenere più carne"

Ma in Appello piovono prescrizioni e assoluzioni

Mucche distrutte dal caldo, crolla la produzione di latte

L’indagine deflagrò nel 2005 e fu davvero una maxi indagine. Basta guardare i numeri dell’epoca: sette arresti e 17 indagati, oltre a qualcosa come 5mila bovini sequestrati in vari allevamenti.

Perché, appunto, gli inquirenti sospettavano un giro di “bovini dopati”, esteso tra Polesine, Padovano e Ferrarese, ossia animali trattati con farmaci proibiti per favorirne uno sviluppo muscolare anomalo, in modo che da ogni capo fosse possibile ricavare un quantitativo maggiorato di carne, con conseguente aumento del guadagno.

Il tutto a scapito della legalità e magari anche della salute del consumatore finale. Una inchiesta che suscitò scalpore a livello nazionale. In realtà, come non di rado accade, la vicenda processuale ha in buona parte ridimensionato tutto, a maggior ragione nel processo di secondo grado, chiuso oggi, venerdì 1° dicembre a Venezia - a quasi 20 anni dall’indagine, particolare non esattamente secondario - e che ha visto piovere sia assoluzioni nel merito che pronunce di “non doversi procedere per intervenuta prescrizione”.

Assolti nel merito, quindi, perché “il fatto non sussiste” Roberto Crepaldi, 65 anni, di Adria, all’epoca dei fatti responsabile del servizio Sanità animale dell’allora Ulss 19 e proprietario di due allevamenti, e il 53enne allevatore di Ariano Polesine Massimo Oliviero, difesi rispettivamente dagli avvocati Paola Malasoma e Sandro Terrestri. Non doversi procedere per intervenuta prescrizione, invece, Roberto Scarparo, 63enne di Adria, e Matteo Braga, 54enne di Porto Tolle, entrambi all’epoca veterinari che lavoravano per l’Ulss 19 ed entrambi difesi dall'avvocato Luigi Migliorini.

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