VOCE
AGRICOLTURA
10.02.2024 - 06:09
Molte ombre e poche luci per il settore primario polesano. I dati sull’andamento del settore agroalimentare 2023, presentati da Veneto Agricoltura, mostrano un quadro con diverse complessità, come precisa Cia Rovigo. Il valore complessivo della produzione lorda agricola della provincia viene stimato in circa 700 milioni di euro (+2,4% rispetto al 2022). Calano, però, le imprese agricole (-1,8%) e gli occupati (-5,6%). Per quanto riguarda le varie colture, il Polesine si conferma al primo posto a livello regionale per superficie a frumento duro (14.700 ettari, +10,7%), aglio (390 ettari, -21%), carota (340 ettari, -4,9%) e colza (1.500 ettari, +50%). Giù la produzione di quella che fino ad un decennio fa era la principale coltura del territorio: il mais ora si estende su una superficie di “soli” 22.700 ettari (-13%).
“Si tratta di una coltivazione idroesigente – spiega Cia Rovigo – La perdurante siccità registrata nel 2022 in tutta la nostra provincia ha fatto mutare la programmazione agraria. In molti casi i costi di irrigazione per consentire un buono sviluppo vegetativo del granoturco sarebbero stati altissimi”. Benissimo l’orzo (4.400 ettari, +42,8%), male il riso (550 ettari, -8,3%), la soia (30.200 ettari, -7,6%), la barbabietola da zucchero (2.600 ettari, -6,6%) e il melone (110 ettari, -22%).
“Questi numeri rivelano che, oggi più che mai, l’agroalimentare è strategico sia per il Polesine, che per tutto il Veneto – osserva il presidente di Cia Rovigo, Erri Faccini – Tuttavia, gli imprenditori agricoli stanno attraversano un momento di fortissime difficoltà tra rincari delle materie prime agricole e dei costi dell’energia e gli effetti negativi dei mutamenti climatici”. Oltre alla questione dell’equo reddito: “Fatto 100 il prezzo di un prodotto sugli scaffali dei supermercati, all’agricoltore rimane solo il 10%. Lungo la filiera si verificano dei rincari che spesso risultano complessi da intercettare”. Alla luce di tali molteplici criticità, Cia Rovigo ha predisposto un “manifesto” che verrà illustrato alle autorità competenti.
In primo luogo, chiarisce Faccini, “è necessario redistribuire il valore lungo la filiera stessa, prevedendo dei prezzi adeguati a favore dei produttori”. Vanno poi valorizzate le aree interne e la dimensione familiare del settore primario (oltre il 90% delle imprese agricole polesane sono storicamente a conduzione familiare) “pure per mantenere un presidio economico-sociale nel nostro territorio; si rischia la desertificazione”. Per quanto riguarda la fauna selvatica, urge la modifica della legge 157 del 1992, passando dal principio di protezione a quello di gestione: “In provincia i danni delle nutrie sono ormai incalcolabili”. Necessaria, infine, maggiore flessibilità relativamente al reperimento della manodopera (la parola chiave è semplificazione).
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