VOCE
LA BUONA SANITA'
12.02.2024 - 19:49
E’ polesano il primo trapiantato di cuore da paziente in morte cardiaca, un evento eccezionale celebrato anche dal presidente del Veneto Luca Zaia e come ha detto il medico che ha operato: “Ha aperto la via ad una nuova frontiera della medicina”.
“Sono passati nove mesi e un giorno, e tutto va bene - Ha esordito così Francesco, 46 anni che, senza risparmiarsi, ha raccontato la sua storia - Sono nato con una cardiopatia congenita e già nel 1982 son stato operato una prima volta. Il secondo intervento è stato nel 2018 e, anche se pareva fosse andato tutto bene, le cose per me non andavano. Sono stati costretti a cambiarmi la valvola mitrale ma, per non andare ad intaccare la valvola aortica, sono stati costretti a mettermene una più piccola perché diversamente l’intervento aveva un’alta possibilità di non riuscire e rischiavo la morte. Io non ce la facevo più - continua Francesco - Dopo una serie infinita di esami e di prove, nel 2020 ho contattato il professor Gerosa per il trapianto”.
E ancora una serie infinita di esami e di test per poter entrare in lista e, finalmente, “il 12 ottobre ci sono riuscito. Da quel momento l’attesa è stata estenuante, fino a quando il 5 maggio del 2023 mi hanno chiamato per firmare. Il nuovo protocollo prevedeva infatti che i trapianti si potessero fare anche con il cuore di una persona con morte cardiovascolare, mentre fino a quel momento era possibile solo con morte cerebrale. Ero con mia mamma e con mio papà e non ho nemmeno aspettato che leggesse tutta la documentazione che ho chiesto di poter firmare perché non ne potevo davvero più. Mentre per molti il pensiero del trapianto è pesante per tutto quello che può accadere, per me è stato un grande sollievo perché potevo avere l’opportunità di averci provato fino in fondo. Il giorno dopo sono tornato al lavoro e il 10 maggio, mentre ero sul posto di lavoro, ho ricevuto la telefonata dall’ospedale. Mi chiedevano di andare su quanto prima”.
Senza rendersene conto ha urlato “ci siamo, immediatamente i miei colleghi mi hanno guardato e mi hanno detto ‘vai!’. Sono tornato a casa e senza dire niente a nessuno ho preparato la valigia raccontando ai miei genitori che dovevo andare per alcuni accertamenti. Lo sapeva solo mia sorella alla quale ho detto di stare vicina a mamma e papà. La mattina seguente, l’11 maggio, compleanno di mio papà, sono entrato in sala operatoria alle 9.30 mentre il professor Gerosa è arrivato alle 15,30, si è avvicinato a mio padre che nel frattempo mi aveva raggiunto e gli ha battuto il pugno dicendo ‘cominciamo’”. Solo alle 21,30 quando è uscito è tornato dai genitori e li ha salutati con un ‘ce l’abbiamo fatta!’”.
Francesco continua: “Sono stato 20 giorni in terapia intensiva e in semintensiva poi sono tornato a casa. Finalmente la vita continua ed è tutta un’altra vita. Prima dell’intervento quando andavo a camminare con i miei genitori per perdere peso, ogni 10 metri ero costretto a fermarmi e loro mi spronavano. Oggi quando andiamo a camminare, sono io a spronare loro”.
La storia di Francesco, al quale tutti augurano il meglio per il futuro, è già entrata nei libri di storia della Medicina come una tappa fondamentale nella chirurgia cardiaca. Come ha ricordato il professor Gerosa, infatti, il successo di quel trapianto, portato a termine con un cuore fermo, ha aperto la via e oggi se ne contano 4 sempre a Padova e 17 in tutta Italia.
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