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Social in down, paura di esclusione

L’esperto: “Sono importanti ma generano dipendenza e, se si fermano, la paura di essere esclusi”

Social in down, paura di esclusione

I social sono il nuovo salotto di condivisione della modernità. Se fino a trent’anni fa c’erano i bar e ci si trovava attorno ad un caffè per parlare del più e del meno, oggi sono una piattaforma con tante potenzialità dal punto di vista personale e dal punto di vista lavorativo ed economico. Lo sanno bene quanti sono professionisti del settore e con i social lavorano, come Giorgio Soffiato, fondatore di Marketing Arena, oggi tra le aziende con maggior esperienza in ambito digitale a livello nazionale con sede a Rovigo, nonché formatore e divulgatore.

Lavorare con i social media significa anche fare i conti con episodi come quello accaduto martedì pomeriggio, quando si è parlato, come talvolta capita, di Facebook e Instagram down, ovvero di una impossibilità di accedere alle piattaforme online da parte dell’utente. Subito, si è rimpallata la corsa al “Ma cosa è successo?” che ha allarmato tanti, segno di una comunità digitale di cui attualmente non si può più fare a meno.

“Questi momenti in cui i social non funzionano - afferma Soffiato - per chi ci lavora significano tutto e niente perché sappiamo che sono momenti temporanei e noi che siamo abitualmente legati al loro utilizzo siamo consci del fatto che possano capitare. Sta di fatto che esiste una dipendenza da queste tipologie di piattaforme che è una grossa parte del nostro mestiere. Per noi significa dunque, a livello di mercato del lavoro, calendarizzare nuovamente ciò che ci si era proposti di fare”.

Subito, lo shock da parte di tutti: mentre Facebook e Instagram non andavano più, è stato un susseguirsi di articoli online che ne parlavano. “Questo è accaduto perché - aggiunge - questi strumenti creano dopamina, una dipendenza. Nell’utente finale ha così origine la Fomo, acronimo per Fear of missing out, in italiano la paura di essere esclusi, di perdere un pezzo della nostra vita. Esistono in tanti comportamenti di questo tipo perché, in fin dei conti, queste piattaforme vendono tempo, oltre che spazio. Significa anche che di certo, come accade con Amazon ad esempio, se si ha un buco di qualche ora con inattività, si crea per forza un possibile danno, più o meno impattante che sia in base alla gravità dell’evento”.

Infine, una riflessione su presente e futuro. Così conclude Giorgio Soffiato: “Soprattutto in ambito personale, i social sono un pezzo importante della nostra vita. Per carità, non riporrei questi comportamenti sociali alla base dei bisogni psicologici, secondo il modello piramidale di Maslow, ma possiamo comunque definirli parte integrante ormai delle nostre esigenze perché sono uno strumento ludico e di intrattenimento, formano una nuova tipologia di socialità. Più di vent’anni fa si poteva fare a meno di andare al bar per parlare con la gente? Non credo, è semplicemente un concetto di socialità moderna di cui oggi dobbiamo tenere conto”.

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Commenti all'articolo

  • diduve

    07 Marzo 2024 - 00:51

    Ahahahhaha!!! se non l'avessi letto sui giornali manco sapevo che i social fossero andati down...

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