VOCE
CAFFE’ DEC
13.03.2024 - 12:23
Se ne lamentano pazienti e anche medici, sono tantissime le “scartoffie” che riguardano il trattamento dei dati sanitari, si firmano distrattamente, ma custodiscono un valore fondamentale, il diritto alla privacy del malato. Lo spiega Stefano Corso, assegnista di ricerca all’Università di Padova, a Caffé Dec, la rubrica radiofonica di Delta Radio in collaborazione con il Cur.
“In un tempo, com’è quello di oggi, dominato dalla condivisione, dalla dimensione social, dall’essere costantemente online, ciascuno è sempre meno custode della propria riservatezza e delle informazioni che lo riguardano - premette Corso - Il monito del Garante per la protezione dei dati personali è invece nel senso del recupero di quella sfera propria di intimità che è appunto garantita dal diritto fondamentale alla protezione dei dati personali”.
La salute, poi, è un ambito molto delicato: “Se il dato personale è un frammento dell’identità della persona, il dato sanitario ancor più rappresenta il soggetto nel suo lato più intimo poiché in grado di raccontare anche le storie più difficili e talvolta dolorose della persona stessa. Spesso la protezione dei dati e la privacy però vengono intese, tanto dai cittadini quanto dagli operatori professionali, come un inutile ulteriore passaggio burocratico, un foglio in più da firmare, un modulo da compilare, una casella da spuntare in un sito e basta”.
Invece dietro quelle carte da firmare c’è la protezione: “La protezione dei dati sanitari, così come la protezione dei dati personali più in generale, non è un diritto sancito per difendere i dati in sé, ma è un diritto della persona ed è proprio la persona che intende proteggere”. Con il Covid il diritto alla Privacy “sanitaria” è stato molto avvertito. “La questione si è legata a temi più ampi e complessi, come l’autodeterminazione della persona e la tutela della salute pubblica. È una questione di delicato bilanciamento fra diritti e interessi contrapposti, nel crocevia tra ciò che è privato e ciò che è pubblico”.
Il legislatore come regola la materia? “La legislazione procede oggi in gran parte su impulso dell’Unione europea - risponde il dottor Corso - anche e soprattutto nella misura in cui il trattamento dei dati sanitari interseca le innovazioni della tecnologia. Più di quindici miliardi di euro sono le risorse previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza alla missione 6, salute. Di questi, più di otto miliardi sono le risorse dedicate a innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale. Fra gli investimenti previsti, spicca in particolare il potenziamento del Fascicolo sanitario elettronico”. Lo scopo è quello di garantire la diffusione, l’omogeneità e l’accessibilità dello strumento su tutto il territorio”.
Pochi sanno cosa è L’Fse... “Non molti sanno che il fascicolo sanitario elettronico è stato attivato automaticamente per tutti quanti, a seguito dell’eliminazione del previo necessario consenso all’alimentazione, operata nel 2020. Il Fse raccoglie dati e documenti riguardanti l’assistito, come referti, lettere di dimissioni, esiti di esami, ecc. Attraverso il Fse si potranno perseguire più obiettivi: oltre al fine di cura, anche finalità di ricerca e di ‘governo della sanità’”.
Un problema che riguarda la materia è la produzione “alluvionale” di norme sulla spinta soprattutto europea. “Il problema infine è di conoscenza e di consapevolezza, della rilevanza che può avere il dato sanitario non solo a fini di cura ma anche della collettività e al contempo dei rischi connessi al trattamento di dati sanitari. Conoscenza e consapevolezza, da parte dei sanitari ma anche di tutti noi, pazienti e non. Il dato sanitario è un valore fondamentale, perché è fondamentale ciò che quell’informazione intimamente riguarda: la persona e la sua dignità”.
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