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L’editoriale

Grazie, e non perdiamoci di vista

Per me è il momento di affrontare nuove sfide, per il giornale l’occasione per consolidare la propria forza.

Grazie, e non perdiamoci di vista

Dialogo surreale in redazione: “Hai una tua foto da mettere in pagina?”, “Anche no... Però, a pensarci bene , una ce l’avrei... Una che poi è più di una, vabbè dai, è una cosa un po’ così...”.

Per la serie “Anche i direttori hanno un cuore”, oggi per me è una giornata davvero speciale. E non semplice. Dopo 10 anni e qualche mese questo è infatti l’ultimo numero della Voce che uscirà con la mia firma. Dopo 10 anni e due mesi, e dopo avere firmato la bellezza di 3mila 650 giornali, ho infatti deciso di prendere altre strade che mi porteranno lontano dal Polesine.

Una scelta non semplice, credetemi. Dieci anni, del resto, sono un bel pezzo di vita in una città ed in una provincia che sono diventate la mia seconda casa. Ma tant’è.

“I nostri vecchi bagagli erano di nuovo ammucchiati sul marciapiede; avevamo ancora strade più lunghe da percorrere. Ma non importava, la strada è vita”, scrive Jack Kerouac nel suo “On the road”.

E in questi giorni mi sono ritrovato un bel po’ di volte a pensare a come cambierà la mia vita adesso che potrò mettere nell’armadio il vecchio trolley che da una vita (sono più di venti anni, non è uno scherzo) mi accompagna settimana dopo settimana, viaggio dopo viaggio, città dopo città e redazione dopo redazione.

Come si usa in questi casi, a questo punto dovrei fermarmi a raccontare come è cambiata La Voce in questi ultimi dieci anni: uno sforzo inaffrontabile, se non altro perché in questi anni è cambiato il mondo dell’informazione. E non solo quello. Ho letto, più per curiosità che per altro, l’editoriale che aveva scritto il primo giorno da direttore, l’1 febbraio del 2014. Parlavo della necessità improrogabile di intraprendere la strada del digitale, di incrementare le iniziative editoriali, di fare uno sforzo per pensare al territorio in un’ottica più ampia.

Oggi La Voce non è più solo un giornale, ma è diventata un brand attorno al quale si è sviluppato un vero e proprio gruppo editoriale. Attorno al quotidiano sono cresciuti e si sono radicati un portale internet, polesine24.it, capace di numeri impressionanti (parliamo di quasi 50 milioni di pagine visualizzate le scorso anno) e diventato in pochi anni il sito di informazione leader nel basso Veneto. E sono cresciuti in maniera esponenziale i nostri social, da Facebook a Instagram passando per You Tube e Tik Tok capaci oggi di oltre 200mila follower. Il giornale si è allargato a Chioggia (con il suo sito Internet) e da oltre un anno è entrata in famiglia anche Delta Radio, l’emittente radiofonica più ascoltata di questa terra bellissima che corre fra Po e Adige e che grazie al Dab si può ascoltare oggi in tutto il Veneto. Senza dimenticare quel grande progetto editoriale che è il Diario per la scuola primaria che arriverà a settembre alla sesta edizione e che lo scorso anno è stato consegnato in regalo ad oltre 60mila fra ragazzi e insegnanti delle province di Rovigo, Venezia, Padova e Treviso.

Ma la strada da percorrere è ancora lunga, ci sono all’orizzonte nuove sfide, nuove idee e nuovi progetti che lascio in eredità a chi verrà dopo di me, sicuro che sono riposte in buonissime mani.

Da copione, prima di andare oltre, ci sarebbero da fare anche i ringraziamenti. Uno su tutti, alla mia redazione (in senso allargato a tutta la squadra della Voce nel suo complesso) che per dieci anni mi ha sopportato, a volte si è pure incazzata ma sempre con... le dovute maniere. Non dite che non è vero, tanto conosco troppo bene le dinamiche dei giornali per non saperlo. Il direttore è da sempre solo proprio perché se fosse uno della compagnia di chi si parlerebbe male nelle cene e nei corridoi? Battute a parte, siete stata davvero una gran bella squadra, giovane (anche se gli anni passano anche per voi, fatevene una ragione), di persone con voglia di crescere e di imparare. Ora anche per voi arriva il momento più difficile e al tempo stesso esaltante: prendere il timone e guidare questo vascello corsaro, che nel frattempo è cresciuto e si è strutturato, nel mare aperto dell’informazione. Le sfide che vi aspettano sono difficili ma al tempo stesso appassionanti. Ad Alberto Garbellini, che da domani firmerà il giornale, un doppio in bocca al lupo. Gli lascio in eredità una macchina rodata ma bisognosa di cure, attenzione ed affetto. Sono certo che la tratterà nel migliore dei modi. Ne ha tutte le capacità. Su questo sono pronto a scommettere. E’ un ottimo giornalista e diventerà senza fatica un ottimo direttore.

Io mi accontento di lasciarmi alle spalle qualcosa di concreto e reale dal punto di vista imprenditoriale e, più poeticamente, un po’ di amicizie vere, di quelle che non svaniscono come le nebbia al sorgere del sole.

Di certo, porterò per sempre negli occhi la meraviglia del Delta, la bellezza del grande fiume con le golene allagate nei giorni di piena, l’affascinante maestosità di una campagna che sembra infinita, la città invasa di ragazzi per assistere alla presentazione dei libri di Rovigo Racconta. E porterò via in valigia i ricordi di dieci anni vissuti in maniera intensa.

Lo confesso, quando arrivai a Rovigo dopo anni di redazione prima in Sardegna e poi a Milano, qualche dubbio lo avevo. Più di qualche dubbio, a dire il vero. Eppure non ci ho messo molto a calarmi nel clima profondo della provincia, nel suo splendido andamento lento, nella sua riflessiva capacità di creare relazioni. Tutto questo entra nella mia valigia dei ricordi. E mi farà tornare da queste parti per calcare di nuovo le strade che mi sono diventate familiari, per incontrare nuovamente amici e conoscenti. Ovvero tutte le persone con la quali abbiamo condiviso momenti esaltanti e lunghi periodi di difficoltà. In questi dieci anni abbiamo superato insieme il lunghissimo buio della pandemia, del lockdown, delle città deserte, del dubbio e della paura se ci sarebbe stato un domani, ascoltando insieme e condividendo le conferenze del presidente Luca Zaia, vedendovi di sfuggita nella piazza deserta (ricordate Stefano e Arian?). Abbiamo vissuto drammi come quello della Coimpo e dei femminicidi, che non hanno risparmiato neppure la nostra realtà.

Ma abbiamo vissuto anche momenti di gioia collettiva, come ad esempio le notti di festa dopo la vittoria degli scudetti di rugby. In dieci anni a Rovigo sono passati tre sindaci (il quarto lo conoscerete fra qualche mese), c’è stata la fusione della Camera di Commercio con Venezia, le grandi associazioni di categoria (a partire da Confindustria) hanno preso la strada quasi obbligata dell’allargamento dei propri confini. E’ arrivata la Zls... E di questo passo si potrebbe andare avanti chissà per quanto tempo ancora.

Per me oggi è uno di quei giorni che ti prende la malinconia, per dirla con la canzone. Ma fa parte del gioco. E di questo mestiere che mi sono scelto (o che mi ha scelto). Ma oggi è anche un giorno esaltante, perché segna l’inizio di una nuova avventura. Per me personalmente, certo, ma anche per tutta la Voce.

E allora... non perdiamoci di vista! Del resto “basta seguire la strada e prima o poi si fa il giro del mondo. Non può finire in nessun altro posto, no?”. Anche perché di una cosa sono certo: il meglio deve ancora venire.

ps.: Adesso da buon veneto acquisito scendo al bar sotto la redazione. Saluto Lele il barista e i suoi clienti, e offro un giro di bollicine. Oste, livella la coppa. E l’ultimo... chiuda la porta.

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