VOCE
CAFFE’ DEC
02.04.2024 - 19:22
ROVIGO - Il 2025 si avvicina e con attenzione (per taluni con apprensione, non nascondiamolo), gli elettori seguono le scelte romane che riguardano il terzo mandato, ovvero la possibilità dei presidenti delle Regioni italiane di candidarsi ed essere eletti per tre volte consecutive. Questo allargamento temporale permetterebbe al governatore Luca Zaia, che alle passate elezioni ha raggiunto un semi plebiscitario 76,79% dei voti, di correre per i prossimi cinque anni al vertice della Regione Veneto.
Analizza la proposta, bocciata in Senato Michele Di Bari, docente di diritto costituzionale dell’Università di Padova ai microfoni di Delta Radio nella rubrica Caffé Dec, in collaborazione con il Cur di Rovigo. “Il tema del terzo mandato, che verrebbe introdotto con l’emendamento a una legge ordinaria – premette il professore Di Bari – riguarda ormai tutta la penisola, non soltanto il Veneto o il centro-destra. Si pensi, ad esempio, alla situazione della Campania, con Vincenzo De Luca: anch’egli punterebbe al terzo mandato sostenuto da una coalizione di centro-sinistra. Se n’è discusso anche in aula, più volte, ma ciò che dobbiamo ricordare è che dobbiamo preservare la democrazia. Significa, dunque, che bisogna preservare anche l’alternanza di rappresentanti in posizioni apicali, altrimenti si rischia di andare a indebolire il sistema democratico”.
E aggiunge: “E’ vero anche che il presidente di Regione è una figura eletta dal popolo e, se il popolo è sovrano e vuole un terzo mandato per un presidente, teoricamente sembrerebbe giusto permetterlo. Tuttavia, va sempre ricordato che esistono altri interessi in gioco, ad esempio, vi è la necessità di mantenere il buon funzionamento del meccanismo democratico. Si pensi, a titolo di esempio, al modello presidenziale per eccellenza, ossia gli Stati Uniti. Per quanto questo sia un modello molto distante dal nostro: il presidente può essere eletto soltanto due volte e poi è obbligatorio scegliere un altro candidato. In democrazia è quindi necessario assicurare l’alternanza”.
“I motivi – conclude Di Bari a Caffé Dec – sono importanti: si pensi alla possibilità che si creino fenomeni clientelari. In effetti, se a ricoprire il ruolo di presidente è sempre la stessa persona, si rischia che alcune posizioni apicali, di nomina politica, siano ricoperte sempre dagli stessi individui. E’ di certo un rischio scegliere un altro candidato, ma allora chiediamoci anche come viene selezionata la futura classe dirigente? In una grande coalizione, devono per forza esserci delle alternative. Certo, non ci sarà la stessa esperienza del precedente, ma le competenze ci devono essere. Se non c’è alternanza, non c’è democrazia: dobbiamo ricordarcelo sempre”.
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