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Galiano e la vita che non basta

Sabato l’autore presenterà il suo nuovo libro: “Tornare a Rovigo è come essere fra amici”

Galiano e la vita che non basta

Sabato l’autore presenterà il suo nuovo libro: “Tornare a Rovigo è come essere fra amici”

Si avvicina Rovigoracconta, il festival letterario da venerdì 31 maggio riempirà la città di eventi culturali e presentazioni di libri. Tanti gli autori che verranno a Rovigo a presentare le loro opere. Ci sarà anche Enrico Galiano che per l’occasione presenterà il suo nuovo libro “Una vita non basta”, edito da Garzanti, sabato 1 giugno alle 18.30 ai giardini di piazza Matteotti.

Un gradito ritorno anche per lo stesso autore che, come dice: “È un festival di amici, c’è la sensazione di ritrovare persone ed è anche stata l’opportunità di conoscere autori che stimo da sempre come Enrico Brizzi”.

Perché ‘Una vita non basta’?

“È la frase con cui il professore Bove, coprotagonista della storia, ama chiudere le piccole lezioni che regala a Teo che nel frattempo ha iniziato a fare lavori socialmente utili per un guaio che ha combinato. Si avvicinano per caso e il professore cerca di rispondere a quesiti enormi come qual è il proprio destino nel mondo o ancora il capire quali sono le persone giuste. Per tutte queste domande, una vita non basta, ma non è una cattiva notizia, è molto buona perché è la prova che siamo sempre in viaggio”

Proprio questo professore Bove non è una nuova conoscenza.

“No, era presente anche in Eppure cadiamo felici. Per me è una figura per cui sentivo nostalgia. Ha il vero dono, facile da mettere su carta e più difficile da applicare, di saper ascoltare. Con le sue lezioni non parte mai lui, ma dalle domande di Teo. E quando lo ascolta, non lo giudica, binomio molto difficile da realizzare, specie se come adulti siamo emotivamente coinvolti, sia come genitori sia come insegnanti. Questo lo rende speciale agli occhi di Teo, il che non significa scusarlo per ciò che questo ragazzo ha commesso, ma renderlo responsabile. Sa stare dentro la sua inquietudine che spesso si vuole domare, invece bisogna darle respiro. Bove è un adulto adulto, ciò che dovremmo tornare ad essere”.

Teo, a voce, fatica ad esprimersi e parla di “la Cosa”. Cos’è, dunque?

“Sì, fatica ad esprimersi a voce, ma con la scrittura tutto cambia. Nel suo disordine ci sono bellezza, chiarezza e soprattutto i suoi pensieri. Il professore lo aiuta a dare un nome a questa Cosa, non per forza positiva o negativa. Lui usa il termine dell’enantiosemia. La Cosa è quindi ciò che lo smuove dentro e lo induce a fare scelte coraggiose, ma è anche il demone che si impossessa di lui, facendogli perdere il controllo”.

Nei ringraziamenti del libro di capisce che la storia parte da un incontro.

“Parte da una domanda postami da un ragazzo che mi chiedeva come mai la scuola facesse di tutto per trasformarlo in banale e normale. Domanda profonda e condivisibile, sentore dell’appiattimento verso cui sta andando la scuola. Da questa, ho deciso anche di raccogliere tutte quelle che mi sono arrivate nel tempo e le ho messe in bocca a Teo. Sono condivise da un’intera generazione in un mondo in cui si hanno così tante strade da percorrere e tutto è sempre più difficile. Spero possa anche essere uno spunto per la scuola che io credo pecchi nel mancare di allegria. E se ad oggi l’Italia è ai primi posti per dispersione scolastica, la colpa non può essere della non volontà dei ragazzi, ma c’è qualcosa in cui la scuola sta mancando se ancora non si attuano cambiamenti, ad esempio, sullo stress da valutazione e sull’utilizzo della paura come metodo di motivazione”.

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