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Superbonus, il record del Veneto

La spesa a carico dello Stato però è tra le più basse. Criticità e occasioni mancate

Superbonus, il record del Veneto

La spesa a carico dello Stato però è tra le più basse. Criticità e occasioni mancate

Superbonus, record in Veneto, dati che emergono dall’analisi della Cgia di Mestre. Gli ultimi dati disponibili dicono che il Veneto è la regione che più di qualsiasi altra ha fatto ricorso al Superbonus per efficientare il proprio patrimonio residenziale. Infatti, a fronte di 59.588 asseverazioni depositate all’Enea , l’incidenza di questo numero sull’intero stock di unità abitative presenti nella nostra regione è stato pari al 5,6 per cento. Nessun’altra regione d’Italia ha registrato una percentuale superiore alla nostra. Il dato medio nazionale, invece, è stato del 4,1 per cento.

Nonostante questo record, la spesa in capo allo Stato per ogni intervento effettuato in Veneto è tra le più basse del Paese. Se da noi l’investimento medio è stato pari a 194.896 euro, solo la Sardegna e la Toscana, rispettivamente con 187.413 euro e 182.930 euro, hanno registrato degli importi inferiori. La media nazionale, invece, ha toccato i 247.531 euro. Gli oneri complessivi a carico dello Stato per le detrazioni maturate in Veneto hanno raggiunto complessivamente gli 11,6 miliardi di euro (pari al 9,5 per cento della spesa totale).

In linea generale si può affermare che i proprietari di immobili in Veneto sono stati i più solerti a utilizzare questo bonus, anche se il valore economico medio degli interventi portati a detrazione è stato tra i più contenuti del Paese.

A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia che, in merito al Superbonus, sin dalla sua introduzione (1 luglio 2020) ha espresso delle forti critiche e continua a ribadirle anche nella nota.

A livello nazionale il Super Ecobonus 110 per cento è costato alle casse pubbliche 122,6 miliardi di euro di detrazioni fiscali. Ebbene, se lo Stato, anziché finanziare quasi esclusivamente l’edilizia privata, avesse investito queste risorse (pari a oltre 6 punti di Pil) per realizzare alloggi pubblici ad un costo ipotetico di 100mila euro cadauno, potremmo contare su 1,2 milioni di nuove unità abitative.

Pertanto, in linea puramente teorica, avremmo potuto demolire tutte le 800mila case popolari presenti in Italia, molte delle quali versano in condizioni fatiscenti, e ricostruirle con tecniche innovative e con classi di efficienza energetica elevate. Non solo. Grazie a questa operazione disporremmo di 400mila alloggi pubblici in più di quanti ne contiamo adesso. Insomma, investendo tutte queste risorse nel social housing avremmo in massima parte risolto l’emergenza abitativa che colpisce, in particolare, le fasce sociali più deboli del nostro Paese corrispondenti, secondo il Censis, a 3,5 milioni di persone.

Al contrario Il Superbonus, invece, sino ad ora si è comportato come un Robin Hood al contrario: ha tolto ai poveri per dare ai ricchi. Con una spesa di oltre 122 miliardi, nei prossimi anni sarà molto difficile far quadrare i nostri conti pubblici, pregiudicando la possibilità di reperire nuove risorse aggiuntive da destinare alla sanità pubblica, all’edilizia sovvenzionata e per contrastare la povertà e l’esclusione sociale. Settori, quelli appena citati, di primaria importanza, perché costituiscono l’asse portante del nostro welfare.

Provocazione E’ evidente che quella appena denunciata dall’Ufficio studi della Cgia altro non è che una provocazione; tuttavia dà l’idea di come, attraverso il Superbonus, lo Stato abbia speso con una certa “leggerezza” una cifra ingentissima destinandola soprattutto alle persone più danarose. Nella stragrande maggioranza dei casi, è andato a beneficio di proprietari di unità abitative private con disponibilità economiche tali da poter farsi carico di gran parte dei costi di efficientamento edilizio/energetico sostenuti in questi ultimi anni.

In più di un’occasione la Banca d’Italia ha evidenziato la natura regressiva di questa agevolazione fiscale destinata al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. E anche la Corte di Conti ha avuto modo di denunciare come le risorse impegnate per il cosiddetto 110 per cento abbiano interessato, in particolare, le persone più benestanti.

L’obiezione Chi politicamente ha voluto e continua difendere questo provvedimento, sostiene che non si debba guardare solo alla spesa che lo Stato si è fatto carico fino ad ora, ma anche agli effetti economici positivi che esso ha generato. Vale a dire più gettito (Irpef, Ires, Iva), più occupazione, più Pil, più risparmio energetico e meno emissioni di inquinanti. E’ un’obiezione corretta che, tuttavia, è facilmente confutabile; se invece di ricorrere al Superbonus per incentivare quasi esclusivamente gli interventi di edilizia privata ci fossimo avvalsi di questa misura per costruire/rifare solo gli edifici residenziali pubblici, le conseguenze appena richiamate dai “sostenitori” del 110 per cento sarebbero state praticamente le stesse. ma nel secondo caso avremmo compiuto un’azione di giustizia sociale.

Anche i risultati ottenuti dall’incentivo fiscale in oggetto sarebbero stati molto modesti. Non ci sono valutazioni scientifiche sotto il profilo ambientale, ma l’abbattimento delle emissioni di Co² sarebbe molto contenuto.

Inflazione Grazie all’agevolazione fiscale del 110 per cento è stata pressoché eliminata qualsiasi forma di partecipazione dei beneficiari al costo. Venuto meno il contrasto di interessi tra cliente e costruttore, questa situazione, affiancata anche dagli effetti legati alla ripresa post Covid, ha contribuito ad aumentare a dismisura i prezzi delle materie prime e dei prodotti/servizi correlati, con una ricaduta sui costi di costruzione degli edifici residenziali del tutto ingiustificata, con conseguenze molto negative anche sugli appalti pubblici. L’impennata dei costi di moltissimi materiali sta imponendo una revisione dei prezzi per un gran numero di opere pubbliche già cantierate, causando alla pubblica amministrazione non poche difficoltà e in molti casi provocando il rallentamento o addirittura la sospensione dei lavori nei cantieri.

Burocrazia e frodi. Nato male è proseguito peggio. Il Superbonus è venuto alla “luce” nel maggio del 2020 e sin dall’inizio la sua applicazione è stata fortemente legata agli altri bonus edilizi. Questo “intreccio” ha contribuito a far esplodere la giungla burocratico-legislativa che in questi quattro anni ha comportato oltre 280 modifiche normative. Una situazione che ha creato tra gli addetti ai lavori e tra i proprietari di abitazioni tanta confusione e altrettanta incertezza applicativa, favorendo, in parte, anche la proliferazione di truffe ai danni dello Stato. Secondo l’Agenzia delle entrate, ad oggi le frodi riconducibili ad un utilizzo illegale dei bonus edilizi sono state pari a 15 miliardi di euro, di cui 8,6 sono stati oggetto di sequestri preventivi da parte dell’autorità giudiziaria e 6,3 sono stati sospesi.

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