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Atalanta, amore da padre in figlio

Il portovirese Stefano Bonafè, con il figlio Tommaso, ha festeggiato il trionfo a Dublino

Atalanta, amore da padre in figlio

Essere atalantino a…Porto Viro? Piuttosto difficile ma non impossibile.

Perché Stefano Bonafè titolare, assieme al fratello Cristian, della ditta “Delta Marmi” ha sangue nerazzurro nelle vene. E mercoledì scorso era a Bergamo, assieme al figlio Tommaso, davanti al maxischermo allestito in piazza Vittorio Veneto per assistere ad un’impresa sportiva che resterà scolpita nella storia. Per sempre. Perché il calcio, ogni tanto, sa ancora regalare delle favole e la straripante vittoria dei ragazzi di Gian Piero Gasperini sul presuntuoso Bayer Leverkusen lo è stata.

“E non ho nessuna difficoltà a dire che ho pianto, come tanti altri tifosi vicino a me - confessa Stefano - quando la squadra ha alzato la coppa. La gente è impazzita, eravamo in 10mila e al terzo gol la piazza è letteralmente esplosa; sembrava impossibile vincerla, dopo tanti anni di sofferenza”. E dopo che, appena una settimana prima, era andata male per l’ennesima volta nella finale di Coppa Italia. Invece tutto vero.

La Dea entra di diritto nell’olimpo degli dei del calcio e per Stefano Bonafè è anche l’occasione di rivelare da dove nasce il suo tifo, per la maglia nerazzurra dell’Atalanta. Mosca bianchissima, quando dove ti volti non ci si scolla dal canonico trio Juventus-Inter-Milan.

“Eravamo alla fine degli anni ’80 e con la mia famiglia mi trovavo in vacanza a Trento dove, casualmente, l’Atalanta era in ritiro precampionato; e quella fu l’occasione di incontrare l’allenatore e i giocatori di allora. Mondonico, Caniggia, il mitico capitano Stromberg. Avevo 9 anni e rimasi folgorato; da allora sono diventato atalantino”.

Impossibile non dimenticare la prima volta allo stadio: “Fu per un Bologna contro Atalanta, campionato ’89-’90, guarda caso pure la prima partita a cui ha assistito, anni dopo, mio figlio Tommaso”. Ma ogni occasione è buona per guardare dal vivo le imprese di una squadra, ormai da posizionare in pianta stabile tra le protagoniste in campionato: “A parte Bergamo naturalmente - elenca Stefano - sono stato a Udine, Verona, Milano e Cesena. Pure in Serie B e in tutte quelle stagioni in cui si lottava solo per la salvezza.

E invece adesso siamo qua, a festeggiare una cosa incredibile”. Dirlo adesso è facile, con l’Europa League a gonfiare il Palmares, ma Stefano non dimentica l’ansia del fischio d’inizio: “Siamo partiti così, senza pretese ma con la speranza nel cuore; e poi invece per tutta la notte fuochi d’artificio, fumogeni, una marea di persone che ha invaso le strade a cantare e urlare la proprio gioia”. E adesso? “Questa estate andremo a seguire il ritiro di Clusone- si proietta già alla prossima stagione Stefano Bonafè- per quello che è ormai diventato un appuntamento fisso. E dove porto sempre anche mia figlia Martina”. Stavolta con un trofeo da ostentare a lungo, per una ex-provinciale. E, come recitava uno striscione esposto da un tifoso nella già mitologica notte di Dublino, “Inchinatevi alla Dea”.

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