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IL CASO

Nata tetraplegica, parola ai giudici

Il caso di Anita venuta alla luce all’ospedale di Rovigo con gravi lesioni: la famiglia fa causa

Nata tetraplegica, parola ai giudici

Anita è nata all’ospedale di Rovigo il 5 aprile 2012, tre anni e mezzo dopo Eleonora Gavazzeni. Ma, come lei, dopo un parto difficile, è venuta alla luce con gravi lesioni neurologiche che l’hanno resa tetraplegica, ipovedente, con grave disabilità intellettiva e in grado di alimentarsi solo attraverso Peg, ovvero un sondino gastrico.

Anche i familiari di Anita, come i genitori di Eleonora, hanno chiesto un risarcimento ritenendo che la causa delle gravi patologie siano da individuare in quello che sarebbe avvenuto durante il travaglio, all’ospedale di Rovigo, anche per la mancata esecuzione del taglio cesareo, e si sono affidati allo stesso avvocato che ha assistito la famiglia Gavazzeni, che il 19 settembre 2018 ha ottenuto, con sentenza civile di primo grado un risarcimento di 402mila euro per la madre e di 4.693.359 milioni nei confronti della piccola Eleonora.

E’ proprio l’avvocato Mario Cicchetti del Foro di Rieti a sottolineare come la vicenda sia “oggetto di un giudizio civile attualmente pendente dinanzi al Tribunale civile di Rovigo, nell’ambito del quale il giudice Marco Pesoli, accogliendo l’istanza della difesa della famiglia, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio nominando un collegio formato dai professori Paolo Fais, specialista in medicina legale, Nicola Rizzo, specialista in ginecologia, Giacomo Faldella, specialista in pediatria e Diana De Ronchi, specialista in psichiatria”.

Al di là delle perizie, si tratta di una storia di sofferenze, acuite dalla tragedia, avvenuta nel marzo 2017, prima del quinto compleanno della bimba, quando il papà, Davide Rizzato, si è spento ad appena 36 anni, in un incidente stradale che lo ha visto finire in moto contro un’auto, sulla Statale 16, poche centinaia di metri dopo la rotatoria di Borsea di innesto della Transpolesana. Le condizioni della piccola Anita, hanno comportato per la mamma, Alessia Degan, e per i nonni materni, che le sono sempre vicini, inevitabili ripercussioni sia economiche che di organizzazione della propria vita.

L’avvocato Cicchetti, da parte sua si è rivolto ad un team di consulenti formato dal professor Domenico Arduini ordinario di ginecologia all’Università Tor Vergata di Roma, il professor Oliva, ordinario di medicina legale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e il neonatologo di Bologna Fabrizio De Maria”. E’ sulla base delle loro valutazioni su quanto emerge dalla lettura delle cartelle cliniche, che l’avvocato Cicchetti spiega: “L’azienda sanitaria rodigina deve essere ritenuta responsabile delle gravissime lesioni patite dalla piccola Anita, per carenze tecniche, difetto di organizzazione e mancata sorveglianza, in quanto nella cartella clinica è chiaramente indicato che il tracciato cardiotocografico era di scarsa qualità per la frequente perdita di contatto del sistema di scrittura con la carta, che non è stato possibile effettuare un elettroencefalogramma, seppur indispensabile, poiché il macchinario non era funzionante, e non è stato possibile sottoporre la piccola ad ipotermia, non essendo l’ospedale attrezzato".

"Altrettanto pacifica è la responsabilità dell’azienda sanitaria per le condotte imperite, negligenti e imprudenti dei sanitari, che hanno cagionato alla piccola Anita ingenti danni patrimoniali e non patrimoniali. Tale profilo di responsabilità può essere agevolmente compreso evidenziando gli elementi di criticità nell’assistenza ostetrico-ginecologica e neonatologica-pediatrica: errata valutazione dei tracciati cardiotocografici; omesso taglio cesareo e condotta attendista; errata lettura delle analisi effettuate su sangue ombelicale; mancata analisi della placenta; superamento della finestra terapeutica delle 6 ore per l’inizio dell’ipotermia terapeutica, posta in essere troppo tardi, dopo il trasferimento della piccola all’ospedale di Treviso. Alla luce di tutto questo, appare evidente che i sanitari non solo hanno posto in essere condotte omissive, negligenti, imprudenti ed imperite, ma anche dopo essersi resi conto dei danni cagionati alla piccola Anita, non hanno neppure posto in essere le corrette condotte per emendare, almeno in parte, le gravissime lesioni della minore, come consigliavano chiaramente le linee guida della Società italiana di neonatologia”.

Queste accuse saranno oggetto delle ulteriori valutazioni degli esperti nominati dal giudice, con la prima bozza della consulenza che dovrebbe essere trasmessa entro il prossimo 20 giugno. Da parte dell’Ulss Polesana si spiega che, “in relazione alla vicenda della piccola Anita, attualmente al vaglio del Tribunale civile di Rovigo, che ha incaricato dei consulenti le cui operazioni risultano in questo momento in corso, si ritiene di dover mantenere massimo rispetto e riserbo. Questo, anche al fine di garantire la massima serenità a chi è chiamato a giudicare tecnicamente e giuridicamente i fatti”.

Il procedimento civile, che si è aperto dopo che a fine 2019 i familiari avevano inoltrato una richiesta di risarcimento all’Ulss che ha però risposto con un diniego. Il 12 settembre 2020, è stato tentata una mediazione che non ha avuto esito perché l’Ulss non ha ritenuto di dover riconoscere responsabilità, anche perché, nel 2013, le indagini per valutare eventuali colpe mediche, si erano chiuse con un’archiviazione. “Troppo frettolosa e non opposta”, chiosa l’avvocato Cicchetti. In ogni caso, questo non influisce sul procedimento civile che, infatti, è in corso. E che darà risposte su una vicenda in ogni caso dolorosa.

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