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Ciclismo

Jacopo, emozione in rosa

Ventenne di Granze, ha studiato all'Enaip di Rovigo e ora è meccanico della Uae Emirates del "cannibale" Pogacar

Jacopo, emozione in rosa

Jacopo Samogizio

Jacopo Samogizio ha vent’anni, ma di strada ne ha già fatta tanta. Quella del Tour de France, l’anno scorso, e poi quella della Vuelta di Spagna. E ancora, quest’anno, la campagna del Nord prima di un Giro d’Italia che l’ha visto festeggiare al fianco di Tadej Pogacar, sotto il cielo di Roma.

Ma la sua strada è iniziata qui. A Granze, provincia di Padova, paese dov’è cresciuto; e poi a Bosaro, dove ha corso qualche anno nelle categorie giovanili con il locale Gruppo ciclisti Emic, e a Rovigo dove ha frequentato l’Enaip per conseguire poi il diploma nell’indirizzo grafico dell’istituto De Amicis prima di continuare gli studi a Padova. Oggi abita a Battaglia Terme, ma a casa ci sta poco: “Una ventina di giorni da inizio anno ad ora”, racconta appena tornato dall’avventura rosa. Jacopo è un aiuto meccanico del team Uae Emirates, la squadra del “Cannibale” Pogacar che ha dominato il Giro facendo innamorare i tifosi italiani. A 21 anni da compiere (nel prossimo dicembre) è tra i più giovani dell’intero circuito World Tour, la “Champions League” del ciclismo.

Jacopo, come hai iniziato?

“Ero già dentro al mondo del ciclismo. L’anno scorso ho smesso di correre e mi hanno prospettato un’esperienza al Tour, per distribuire le borracce. Ho detto subito sì. Poi, in corsa, evidentemente sono piaciuto perché mi hanno chiamato anche per la Vuelta. A novembre ho fatto il corso da meccanico per specializzarmi ancora di più e da lì è partita davvero la mia avventura: quest’anno ho già fatto Challenge Mallorca, Volta ao Algarve in Portogallo, classiche del Belgio, e adesso il Giro”.

Prossima tappa?

“Il Giro Next Gen, che scatterà il 9 giugno e la cui penultima tappa partirà da Montegrotto per attraversare anche il Polesine. Poi sarò di nuovo al Tour de France”.

Qual è stato il tuo ruolo nel team al Giro d’Italia?

“Ho fatto l’aiuto meccanico sotto la guida di Claudio Bosio, che è uno dei miei tanti maestri alla Uae. La sera lavo le bici e sistemo qualcosa per la tappa del giorno successivo, ma più in generale faccio tutto ciò di cui c’è bisogno: dai rifornimenti per gli atleti a lavare le ammiraglie. Non mi tiro mai indietro, non l’ho fatto mai”.

Visto da fuori, un lavoro da sogno a tu per tu con i campioni.

“Sì, ma richiede impegno e sacrificio. E io mi sono sempre dato da fare: ho lavorato al mercato per un ortofrutta imparando il valore del lavoro, e sono stato anche in fabbrica, facendo i turni di notte, quando ancora ero agonista. Nella vita non c’è niente di regalato”.

Torniamo al Giro. Un’emozione?

“Decisamente. Dal primo all’ultimo giorno, anche se l’arrivo a Padova, la mia città, per me è stato speciale. Però voglio sottolineare che si tratta di un lavoro a tempo pieno, da mattina presto a sera inoltrata, che non lascia molti tempi morti. Ci sono sere in cui non sai neanche l’ordine d’arrivo di tappa, perché quando il gruppo è al traguardo noi siamo già in hotel a preparare tutto per il giorno dopo”.

Quindi niente festa per le vittorie, ben sei, di Pogacar?

“La sera, a cena, si sta insieme. Niente di più”.

E questo “Cannibale”, nel privato com’è?

“E’ un ragazzo tranquillissimo, umile. Ride e scherza con tutti. Ma trasmette sicurezza”.

Ti ha regalato gli occhiali?

“Quelli no. Ma ho la maglia del team autografata da tutti i corridori. Per me è il cimelio più bello”.

Accoppiata Giro-Tour: l’ultimo è stato Pantani nel 1998. Pogi può farcela?

“Uno come lui è capace di tutto. Mi piace molto il suo modo di correre”.

Al Tour sarai di nuovo al suo fianco.

“E per la prima volta il Tour partirà dall’Italia. Sarà un’edizione storica e io ci sarò. Come si dice: tanta roba. Ma attenti: non c’è mica solo Pogacar. Quest’anno hanno già vinto più di 10 corridori del nostro team. Morgado, Ayuso, Arrieta, Del Toro: è una nuova generazione interessantissima. E un ciclismo che va veloce”.

E un corridore avversario che ti è piaciuto?

“Giulio Pellizzari. Ha fatto un gran bel Giro”.

Invece chi era il tuo idolo da ragazzo?

“Alberto Contador. Un idolo. Quando l’ho visto per la prima volta, l’anno scorso al Tour, gli ho chiesto subito di fare una foto insieme. E’ stato molto gentile”.

Come ti vedi nel futuro?

“Mi piacerebbe stare in ammiraglia come meccanico. L’anno scorso ho fatto un’esperienza proprio a Rovigo, come cambio ruote in corsa con la Tekno Bike Fl per una stagione”.

La strada è lunga. Ma a chi, come Jacopo, ha il ciclismo nel cuore, di certo non fa paura.

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