VOCE
Tribunale
04.06.2024 - 05:00
Roberto Magaraggia e Lucia Picanza, i genitori di Giacomo, durante la loro protesta
Per mesi, da gennaio, ogni giorno, è stato davanti al Tribunale con il cartello “Ingiustizia”, per chiedere verità. Ora è lo stesso Roberto Magaraggia, insieme alla moglie Lucia Picanza, i genitori di Giacomo, spentosi tragicamente ad appena 34 anni, il 30 ottobre 2020, per una pericardite non diagnosticata, ad annunciare che qualcosa è cambiato: “Il nuovo procuratore della Repubblica di Rovigo ha deciso di riaprire l’indagine riguardante la denuncia depositata a marzo 2021 da nostro figlio Alberto Mario. Un’azione interna che crediamo volta al rispetto della magistratura, dopo un’archiviazione frutto di zero indagini e omissioni che si sono trascinate sino alla Gip. Un grave vulnus procedurale, che ha interessato il tribunale, come confermatoci da importanti magistrati. Infliggendo alla nostra famiglia un ulteriore atroce dolore dopo la morte di nostro figlio Giacomo. La denuncia era circostanziata e contenente fatti ineccepibili. Ostacolata sul nascere dal comportamento di alcuni componenti dell’azienda Ulss 5, che non hanno consegnato la documentazione da presentare. Con cancellazioni, sostituzioni, documenti, non completi e altro".
"Parliamo di pubblici ufficiali, e documenti pubblici. Non aver identificato da subito l’autore dell’infamia e non averla accertata, è stata come autorizzarla. Vorremmo vedere genitori, siano essi magistrati, medici, operai o impiegati, accettare supinamente una situazione simile. Alberto, avvocato è stato infangato con frasi infamanti e false da lui mai al mondo pronunciate. Una giustizia ritardata è una giustizia negata, sosteneva Montesquieu. Tutto sarà, ci auguriamo, vagliato alla luce del sole, sotto il controllo di un magistrato, come il procuratore, che ha esercitato un suo potere, diremo meglio dovere. Ora spetta ai tempi supplementari e ai magistrati individuare chi dice il vero e chi no. Tutti possono sbagliare, medici, magistrati, cittadini. Il rimediare si può solo operando con quell’etica che riequilibra, almeno in parte, la disistima che il 70% degli italiani ha dei magistrati”.
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