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LA SALUTE AL TUO FIANCO

“Mai arrendersi dopo l’ictus”

Massimo Iannilli, responsabile di medicina Riabilitativa: “E’ uno shock, i caregiver vanno affiancati”

“Mai arrendersi dopo l’ictus”

Massimo Iannilli, responsabile di medicina Riabilitativa: “E’ uno shock, i caregiver vanno affiancati”

Si perde la parola, si perde l’uso di un arto. Non ci si riconosce più. Lo shock che segue a un episodio di ictus o in seguito a una patologia neurovegetativa colpisce la persona e un’intera famiglia. Ma esiste una branca della medicina riabilitativa che ha come obiettivo la riconquista di alcune funzioni, di una vita normale o per lo meno di un nuovo equilibrio. Ne ha parlato lo specialista Massimo Iannilli, neurologo, responsabile della Medicina fisica e riabilitativa della casa di Cura di Rovigo (Gruppo Pederzoli) nella rubrica quindicinale “La salute al tuo fianco”, in onda su Delta Radio il lunedì alle 13.

Si tratta di una branca della riabilitazione che lavora laddove non sembra esserci una speranza.

Come cambia la vita della persona colta dalla malattia
“Il paziente che scopre di avere una problematica neurologica cambia radicalmente la propria vita. Ovviamente tutto dipende dalla malattia - premette Iannilli - Ci sono patologie che colpiscono anche il sistema nervoso dal punto di vista infettivo, poi ci sono malattie neurodegenerative. In ogni caso, la riabilitazione è importante e si possono dare sfumature d’intervento diverso in base alla necessità”.

Il percorso di riabilitazione in caso di episodi gravi parte già dai reparti ospedalieri. E’ qui che l’azienda sanitaria, prescrive un percorso di riabilitazione che impegna il paziente, ma anche i famigliari.

Lo shock iniziale in famiglia
“L’evento avuto è come un terremoto in famiglia. I familiari spesso ricevono informazioni dai reparti - racconta l’esperto - ma notiamo che non hanno piena consapevolezza di ciò che è successo e di qual è la previsione futura. Per questo motivo, abbiamo diversi strumenti di lavoro. C’è un team apposito, tipico della riabilitazione, nel quale tendiamo a includere anche familiari e caregiver che hanno disponibilità per colloqui singoli e colloqui in maniera collettiva in cui spieghiamo gli obiettivi da raggiungere e quali progetti portare avanti. In Casa di Cura è stato inoltre introdotto un ciclo di seminari in cui affrontiamo tutte le problematiche, dalla spiegazione della menomazione a come si interviene, abbracciando anche problematiche burocratiche”.

L’educazione del caregiver
La riabilitazione, dunque, è un percorso delicato e fondamentale per ritrovare nuovi equilibri e per migliorare la qualità della vita. “Il caregiver e gli operatori, imparano a fare il necessario per l’assistenza a domicilio. L’importante è conquistare la fiducia nei confronti dei pazienti per ridurre anche l’ansia che hanno i familiari e che vengono trasmessi al paziente. Conduciamo i familiari e i pazienti alla consapevolezza e all’accettazione”.

Mai sostituirsi
Il cosiddetto caregiver, che può soffrire di “burnout”, ovvero una situazione di stress cronico e persistente, associato al contesto in cui vive, non si deve sostituire al paziente. “Chi assiste - precisa Iannilli - viene accompagnato nei percorsi burocratici, soprattutto nel caso di pazienti anziani. Il familiare deve imparare a non sostituirsi al paziente perché deve essere un momento riabilitativo il ritorno a casa che va valorizzato. E noi ci siamo, anche nel caso in cui si noti un problema di burn-out dei familiari”.

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