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veneto
10.06.2024 - 10:51
San Polo di Piave, un tranquillo comune della provincia di Treviso, è stato recentemente scosso dalla notizia dell'arresto di una sua cittadina, una donna di 36 anni, per un reato commesso ben 12 anni fa. La vicenda, che potrebbe sembrare una semplice nota di cronaca, nasconde in realtà una riflessione più profonda sulla giustizia, la responsabilità personale e le seconde chance.
Era una notte come tante altre quando, durante un controllo stradale, la donna fu trovata alla guida con un tasso alcolemico superiore a 0.8 milligrammi per litro di sangue. Un valore che, secondo la legge italiana, comporta non solo il ritiro della patente ma anche un procedimento penale. Nonostante non avesse causato incidenti né messo in pericolo altre vite, la legge è chiara e inflessibile su questo punto.
In seguito alla condanna, la 36enne, assistita dal suo legale, aveva ottenuto la possibilità di evitare il carcere attraverso un programma di lavori socialmente utili, noto come "messa alla prova" (Map). Questo strumento giuridico permette agli imputati di reati comuni di estinguere il reato svolgendo attività di pubblica utilità. Il programma, della durata di otto mesi, rappresentava una seconda chance per la donna, un'opportunità di redimersi e di contribuire positivamente alla comunità. Purtroppo, la donna non riuscì a completare il programma. Dopo soli quattro mesi, problemi familiari la costrinsero a interrompere i lavori. Forse, all'epoca, non era pienamente consapevole delle conseguenze di questa scelta. Forse pensava che, con il passare del tempo, la questione sarebbe stata dimenticata. Ma la giustizia, come spesso accade, ha una memoria lunga.
Dodici anni dopo quel controllo stradale, la procura della Repubblica di Treviso ha emesso un ordine di carcerazione per la donna, che ora dovrà scontare quattro mesi nel carcere femminile della Giudecca a Venezia. Un periodo che corrisponde esattamente al tempo che le mancava per completare il programma di lavori socialmente utili.
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