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SOLDI

Fatture, il Polesine gioca d’anticipo

Ma le piccole imprese di casa nostra sono in sofferenza a causa dei ritardi di altre regioni

Fatture, il Polesine gioca d’anticipo

Il Comune di Rovigo paga le fatture con quasi cinque giorni d’anticipo sulla loro scadenza (e in Veneto è tra i capoluoghi più lenti); l’Ulss 5 addirittura anticipa i pagamenti di oltre un mese; Palazzo Celio chiude i conti ben 17 giorni prima. Insomma, amministrazioni pubbliche polesane (e venete) promosse sul fronte della tempestività dei pagamenti. A dirlo è la Cgia di Mestre, che - come ogni anno - ha prodotto la relazione sula velocità dei pagamenti del settore pubblico. Da cui emerge che, nel liquidare i propri fornitori, piccole e medie imprese in testa, la pubblica amministrazione presente in Veneto è tra le più tempestive d’Italia, con tempi medi di pagamento nettamente inferiori ai limiti stabiliti per legge.

Analizzando l’indicatore di tempestività dei pagamenti della nostra Regione, delle aziende ospedaliere, delle Province e dei Comuni capoluogo scorgiamo che nel 2023 la più rapida a liquidare i fornitori è stata l’Ulss 4 del Veneto Orientale che l’ha fatto con 40 giorni di anticipo. Al secondo posto l’Ulss 2 di Treviso con 38 giorni d’anticipo, seguito dall’Ulss 6 di Padova con 38. L’Ulss 5 si colloca al quinto posto, dietro ad Azienda Zero, con 33 giorni d’anticipo, mentre la più “lenta” è l’Ulss 9 di Verona che paga 21 giorni prima, e scusate se è poco...

Tra le Province, invece, spicca il risultato di Verona che ha pagato le fatture quasi 26 giorni prima. Rovigo è sesta su sette province con oltre 17 giorni d’anticipo (17,87), davanti soltanto a Vicenza, che paga mediamente due giorni prima della scadenza, ma superando anche la stessa Regione che anticipa i pagamenti di due settimane esatte. Tra le amministrazioni comunali capoluogo di provincia la più virtuosa è stata Padova che ha saldato i fornitori con un anticipo di 21,5 giorni. Seguono Verona a quota 20 giorni e Venezia a 18,42; Rovigo è sesta con 4,87 giorni di margine davanti soltanto al Comune di Vicenza, con 4 giorni esatti. In ogni caso, nel 2023 nessuna delle 25 realtà monitorate dall’Ufficio studi della Cgia ha pagato i fornitori in ritardo.

Ma se in Veneto la situazione è virtuosa, in altre parti del Paese, invece, non lo è affatto: soprattutto nel Mezzogiorno. I debiti commerciali della nostra pubblica amministrazione, infatti, continuano ad ammontare a circa 50 miliardi di euro , un importo che è praticamente lo stesso da almeno cinque anni. Di questi, almeno 5 miliardi - stima l’Ufficio studi della Cgia - sarebbero in capo alle aziende venete. E questo avviene perché molte aziende della nostra regione lavorano anche per grandi aziende pubbliche, ministeri, regioni, Asl o enti locali di altri territori e in secondo luogo perché, come ha sottolineato anche la Corte dei Conti in una delle sue ultime relazioni, nelle transazioni commerciali con le aziende private la nostra Pa, in particolare al Sud, sta adottando una prassi che definire “diabolica” è forse riduttivo. Ovvero salda le fatture di importo maggiore entro i termini di legge, mantenendo così l’Itp entro i limiti previsti dalla norma, ma ritarda intenzionalmente il saldo di quelle con importi minori, penalizzando, così, le imprese fornitrici di prestazioni di beni e servizi con volumi bassi; cioè le piccole imprese.

Non solo. Da qualche tempo si è consolidata una nuova pratica “imposta” da molti dirigenti pubblici, anche di società collegate alle regioni e agli enti locali, che decidono unilateralmente quando i fornitori devono emettere la fattura. Se questi ultimi non si “attengono” a questa disposizione, lavorare in futuro per questo ente-società sarà difficile. Dando l’autorizzazione all’emissione della fattura solo quando l’amministrazione dispone dei soldi per liquidarla, queste strutture pubbliche riescono a “rispettare” i tempi di pagamento, “aggirando” così le disposizioni previste dalla legge. Una forma di abuso della posizione dominante che risulta essere decisamente “ripugnante”.

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