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“Caporalato, piaga da estirpare”

L'impegno di Ibc

“Caporalato, piaga da estirpare”

La drammatica quanto disumana vicenda di Satnam Singh, bracciante di origini indiane, morto a Latina a seguito di un grave incidente sul lavoro e del suo abbandono, ha profondamente scosso l’opinione pubblica. Ed ha riportato all’attualità la piaga del caporalato e le condizioni di schiavitù che ne derivano.

In un saggio di ormai 15 anni fa, il sociologo e politologo Luca Ricolfi aveva parlato di “infrastruttura paraschiavistica” che consente di mantenere stili di vita e abitudini di consumo grazie allo sfruttamento estremo di una quota di lavoratori deprivati di pressoché qualsiasi tipo di tutela o protezione. Ricolfi stimava, allora nel 2019, che questa fascia di lavoro vulnerabile e fragilissima fosse pari a circa 3,5 milioni di persone, in gran parte composta di immigrati. Vista l’illegalità in cui questo mondo opera è difficile pure fare una stima.

Su questi temi si è sviluppata la riflessione promossa dal gruppo giovani Ibc guidati da Lisa Marin con un incontro pubblico che ha visto una larga ma soprattutto sentita partecipazione.

La prima parte della riunione è stata dedicata alla proiezione di alcuni spezzoni del documentario “One day One day” diretto dal giovane regista Olmo Parenti. Un documentario dedicato alle condizioni in cui vivono le persone a Borgo Mezzanone nel nord della Puglia, una delle tante baraccopoli d’Italia, riserva di manodopera per il caporalato.

“E’ stato interessante quanto duro - commenta con le sue parole Lisa Marin – vedere queste persone che impegnano anima e corpo per arrivare a fine giornata e guadagnarsi il minimo per poter vivere. Anzi meno di quanto serve per sopravvivere. Bisogna dirlo apertamente: vivono da schiavi, condizione non accettabile in un Paese come l’Italia che si dice sviluppato”.

E ancora: “E’ stato intenso vedere le diverse situazioni difficili che ogni giorno queste persone devono affrontare, sia nell'ambito lavorativo che nella sfera personale. E’ stato un documentario che fa molto leva sull'umanità di queste persone e la loro forza d'animo nell'affrontare la vita di tutti i giorni: nonostante tutto mostrano molta gratitudine all'Italia per aver salvato le loro vite mentre stavano affrontando il mare”.

Lisa Marin osserva che il documentario “ha particolarmente colpito la sensibilità dei presenti al punto che al termine della proiezione si è registrata una lunga pausa, quasi di smarrimento, come a non voler credere, a ritenere impossibile che cose del genere accadano, che così tante persone siano costrette a vivere in condizioni così disumane”.

Una volta avviato il dibattito sono emerse diverse idee e differenti visioni nell’affrontare il problema, ma con un obiettivo comune: il caporalato è inaccettabile, va combattuto i tutti i modi.

Conclude Lisa Marin: “Ognuno di noi deve prendersi la responsabilità di attuare, nel proprio piccolo, piccoli gesti e azioni per creare consapevolezza e conoscenza sul tema, per costruire una rete che vada pian piano a contrastare questa piaga, qual è il caporalato. Quindi la prima cosa da fare è evitare che queste situazioni, a cominciare dalla drammatica vicenda di Satnam Singh, dopo un breve periodo di emozione collettiva, finiscano nel dimenticatoio: una piaga da estirpare”.

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