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LO STUDIO

“Piccole aziende a rischio usura”

Lo scorso anno le imprese del Polesine si sono viste prestare 142 milioni di euro in meno

“Piccole aziende a rischio usura”

Lo scorso anno le imprese del Polesine si sono viste prestare 142 milioni di euro in meno

Meno prestiti. E più rischio di infiltrazioni mafiose. E’ la fotografia del Veneto fatta dalla Cgia di Mestre, che nel suo ultimo report ha analizzato problemi e pericoli per le imprese.

Sì, perché nell’ultimo anno gli impieghi vivi, ovvero i prestiti del sistema bancario, alle imprese della nostra regione sono diminuiti del 7,2% (in termini assoluti parliamo della bellezza di cinque miliardi e cento milioni di euro in meno), con un picco in provincia di Verona dell’11% (pari a un miliardo e 700 milioni). Ma subito alle spalle di Verona, in termini di rapporto rispetto agli impieghi dell’anno precedente, la riduzione più drastica si è registrata a Rovigo, dove le imprese si sono viste ridurre il credito del 7,4% (dato superiore alla media veneta) per ben 142 milioni complessivi. Mica poco: gli impieghi, nella nostra provincia, sono infatti passati dal miliardo e 923 milioni di euro dell’aprile 2023 al miliardo e 780 milioni dell’aprile scorso.

In particolare, la Cgia sottolinea come siano state soprattutto le piccolissime imprese (quelle con meno di 20 addetti) a subire una contrazione dell’erogato del 9,4% (-1,1 miliardi), mentre quelle con più di 20 addetti hanno visto scendere il flusso del 6,8% (-3,9 miliardi di euro). “Ancora una volta, nel rapporto tra banche e imprese, anche nella nostra regione le micro e le piccolissime risultano essere le più penalizzate”, dicono dall’associazione di categoria. In ogni caso, i dati confermano un trend che vede i prestiti bancari alle aziende in riduzione, così come avviene in buona parte del Paese.

Per l’ufficio studi della Cgia di Mestre, però, questi numeri nascondono un serio pericolo. “Questo trend - scrivono - rischia di alimentare, indirettamente, un fenomeno molto preoccupante che, ormai, non riguarda solo le regioni del Sud, ma anche quelle del Nord: vale a dire la presenza sempre più diffusa nell’economia reale delle organizzazioni criminali. In questi momenti così particolari, infatti, sono gli unici soggetti che dispongono della liquidità necessaria per ‘aiutare’ chi si trova in difficoltà economico-finanziaria, in particolare nei settori ad alta intensità di contante (ristorazione, intrattenimento e sale giochi), in quelli che richiedono il controllo del territorio (edilizia) e nei comparti meno innovativi che non richiedono competenze specialistiche . Insomma, le attività economiche sono le principali ‘prede’ di chi vuole reinvestire i proventi ottenuti illecitamente”.

Un’ulteriore conferma viene anche dall’Europol: secondo questa Agenzia l’80% delle organizzazioni criminali attive in Europa utilizza le imprese nelle loro attività illegali.

“E’ vero - sottolinea la Cgia - che il calo degli impieghi dell’ultimo anno anche in Veneto è sicuramente condizionato dalla diminuzione della domanda di credito da parte delle imprese, dall’elevato costo del denaro e dalla diminuzione degli investimenti in macchinari dovuta all’attesa delle agevolazioni previste dalla nuova transizione 5.0. Tuttavia i segnali di una presenza consolidata della criminalità nel mondo delle imprese settentrionali risalgono almeno da 30 anni”.

In uno studio realizzato verso la fine del 2021, secondo la Banca d’Italia la penetrazione territoriale della Mafia Spa non riguarda solo il Sud; purtroppo, come dicevamo più sopra, presentano un indice di presenza mafiosa molto preoccupante anche realtà del centro-nord, in particolar modo le province di Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno investite da questo triste fenomeno sarebbero, invece, le province del Triveneto, con leggeri segnali in controtendenza a Venezia, Padova, Trento e, in particolar modo, Trieste.

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