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Gli anziani meno ricchi del Veneto

Rovigo resta la provincia con le pensioni più basse: 17.150 euro annui, rispetto a 18.643

Gli anziani meno ricchi del Veneto

Più soli rispetto al resto del Veneto. Ma non solo. Gli anziani polesani sono anche meno ricchi rispetto ai “colleghi” delle altre province. I meno ricchi in assoluto, nonché al di sotto della media nazionale. Un dato che si aggiunge a quanto evidenziato dallo studio dello Spi Cgil del Veneto, ovvero che in provincia di Rovigo più un over 75 su due è da solo, fra celibi, nubili e vedovi, percentuale più alta in Veneto dopo Belluno, che raggiunge il 51,48% rispetto al 50,81% polesano, a fronte di una media regionale del 48,45%.

Guardando ai redditi da pensione dichiarati nel 2023, quindi relativi al 2022, emerge come a fronte di 69.640 percettori di trattamenti pensionistici, valore medio si collochi a quota 16.952 euro annui, 1.304 euro mensili più la tredicesima, mentre la media nazionale è di 17.291 euro e quella regionale di 17.802 euro. A livello veneto, Rovigo è buona ultima perché il penultimo importo più basso è quello della provincia di Verona, con 17.577 euro, preceduta da Belluno con 17.712 euro e Padova con 17.792. Sul podio della classifica regionale, invece, Venezia con 18.467 euro medi annui, Vicenza con 18.141 e Treviso 17.837. Il tutto, tenendo presente che mediamente le pensioni percepite dagli uomini sono nettamente più alte di quelle delle donne.

Ovviamente, si tratta di medie che appiattiscono le differenze. Che sussistono anche a livello territoriale. Infatti, andando a vedere il dato comunale emerge come nel capoluogo Rovigo la pensione media sia ben superiore alla media provinciale e anche a quelle regionali e nazionali, con 21.793 euro annui, 14esimo fra tutti i comuni Veneti, guidati dalla città di Padova con ben 24.920, che precede le città di Treviso, con 24.069 euro, e di Verona, con 22.821. Tornando in Polesine, alle spalle del comune di Rovigo c’è quello di Occhiobello con 19.635, poi Castelmassa con 19.121, Pontecchio con 19.003, Polesella con 18.933, Adria con 18.865, Arquà con 18.245, Castelnovo Bariano con 17.821, Ceregnano con 17.583 e Badia con 17.548. In fondo alla classifica provinciale, invece, si trovano Fratta con 15.913, Porto Viro con 15.904, Frassinelle con 15893, Rosolina con 15.841, Pincara con 15.830, Loreo con 15.811, Porto Tolle con 15.476, Taglio di Po con 15.449, Lusia con 15.065 e, ultima, Villanova Marchesana con appena 14.346 euro medi. Solo conque comuni in tutto il Veneto hanno valori più bassi: Lamon, in provincia di Belluno, Foza nel Vicentino, Velo Veronese e le bellunesi Val di Zoldo e Zoppè di Cadore.

Attenzione, però. Perché si tratta di redditi che possono cumulare più trattamenti pensionistici, dalla cosiddetta “reversibilità” alle pensioni di invalidità. Come nota l’Inps nel suo ultimo report, “il gruppo più numeroso di pensionati è quello dei titolari di pensioni di vecchiaia: sono 11.316.617, tra questi il 27,7% è anche titolare di trattamenti appartenenti ad altri tipi. I pensionati titolari di invalidità previdenziale sono quasi 1 milione; poco meno della metà, il 47,6%, cumula pensioni di tipo diverso da quelle di invalidità previdenziale. Gli importi complessivi hanno una distribuzione più spiccatamente sbilanciata verso le pensioni di tipo Ivs (invalidità, vecchiaia, superstiti, ndr), che coprono il 90,6% del totale; in particolare gli importi erogati per pensioni di vecchiaia sono il 73% del totale, quelli per pensioni di invalidità il 3,9% e quelli per pensioni ai superstiti il 13,8%. Il restante 9,3% è distribuito per l’1,2% sulle prestazioni di tipo indennitario e per l’8,1% su quelle di tipo assistenziale”.

Anche scomponendo il dato, però, la musica non cambia. In Polesine, infatti, gli anziani che percepiscono la pensione di vecchiaia sono 61.103 e la pensione media annua che incassano è pari a 17.150, rispetto a una media nazionale di oltre 2mila euro in più, 19.286 euro, mentre la media regionale a 18.643. Guardando al dato delle singole province del Veneto, in testa c’è sempre Venezia con ben 20.201 euro, seguita però in questo caso da Padova con 19.417, Verona con 18.608, Vicenza con 18.5412, Treviso con 18.380 e infine, Belluno con 18.201, che pur essendo penultima, vede un pensionato medio “tirare” oltre mille euro in più all'anno rispetto a un pensionato medio polesano.

Andrà meglio per i polesani che percepiscono pensioni di invalidità? No, nemmeno in questo caso i numeri regalano gioie. Il valore medio nazionale, infatti, è di 13.119 euro annui, ma a Rovigo la media si attesta ben al di sotto, a 12.878 euro l’anno corrisposti a 3.359 percettori. Inutile dire che nel resto del Veneto tutti hanno valori superiori, a cominciare da Treviso che svetta con 15.017 euro, seguita da Padova con 14.792, Verona con 14.034 e Belluno con 13.505, che in questo caso precede Vicenza, penultima con 13.396 euro, che sono comunque oltre mezzo migliaio di euro in più all’anno rispetto alla media polesana delle pensioni di invalidità.

A questo punto non sorprende affatto che in Polesine anche i beneficiari di pensioni ai superstiti, la “reversibilità” in senso lato, se la passino peggio del resto del Veneto e al di sotto della media nazionale che è pari a 9.726 euro. I 20.750 polesani percettori di reversibilità, anche se il termine non è del tutto corretto, perché si tratta di una delle molteplici forme di trattamento per i superstiti, percepiscono mediamente 8.768 euro. Nella classifica regionale in testa per importo medio c’è Padova con 9.732 euro, seguita da Verona con 9.625, da Vicenza con 9.340, poi Treviso con 9.267 e infine, davanti alla cenerentola Rovigo, c’è Belluno con 9.162 euro.

Determinanti, in questi contesto, servizi come Auser. Ben 12.161 le persone che hanno partecipato a corsi e laboratori organizzati da un capo all’altro della provincia, 10.496 i servizi di trasporto e accompagnamento che sono stati offerti a una platea di 1.979 anziani, ai quali si aggiungono gli 11.173 i pasti consegnati a domicilio e le 801 consegne di medicinali a casa di 190 persone. Numeri enormi, che danno la misura dello sforzo enorme che nel corso del nel corso del 2023 ha compiuto l’Auser polesano, in prima linea proprio nell'affrontare il tema della solitudine degli anziani, combattuta non solo offrendo servizi e assistenza, ma anche promuovendo la socialità con iniziative di vario tipo a sostegno del cosiddetto “invecchiamento attivo”.

Lo Spi Cgil ha richiamato l’attenzione sulla questione degli ultrasettantacinquenni che vivono presumibilmente da soli, o accudito da un’assistente familiare, perché nubili o celibi, divorziati o, più di frequente, vedovi. Anziani soli, che in Polesine sono più della maggioranza, 15.704 su 31.655. E quasi l’80% sono donne, ben 12.483 su 18.495, più due di su tre, rispetto ai 3.221 su 12.412 over 75 uomini, uno su quattro. Un tema che è il “pane quotidiano” dell’Auser.

La presidente provinciale dell’Auser, Marinella Mantovani, parte proprio dai numeri: “In Polesine abbiamo 37 circoli con oltre 4mila soci e circa 400 volontari. Siamo un’associazione a contatto quotidianamente con le persone, anche durante le festività e in questo periodo estivo lo siamo ancora di più, facciamo telefonate, cerchiamo di tenere compagnia. Lo scorso anno le telefonate sono state 770, ma ora ci stiamo attrezzando per rafforzare questo servizio. Noi agiamo sia sul disagio che sull’agio, nel senso che il nostro servizio per eccellenza è quello che riguarda il trasporto sociale, anche con il trasporto delle spese e dei i pasti a domicilio, che facciamo in collaborazione con i Comuni o l’Ulss, ma ci sono poi tutte le attività che facciamo sul fronte della socialità e dell'apprendimento, che vanno dal turismo sociale all'attività motoria, passando per l’università popolare. Si tratta di un lavoro su quello che si può definire benessere mentale, che è componente essenziale anche del benessere fisico. La risposta che dà l’Auser nei due filoni di attività è veramente importante. Purtroppo, c'è da considerare come, con i sevizi che vanno accentrandosi e con i piccoli paesi che si spopolano sempre di più il problema che hanno molti anziani nel mantenere relazioni si acuisce”.

Guardando poi ai numeri del bilancio sociale dell'Auser polesano che è in fase di ultimazione, la presidente Mantovani rimarca come “al di là delle cifre, quello che conta sono lo spirito e le modalità con le quali vengono proposte le varie attività. Per esempio, attraverso il trasporto sociale cerchiamo di intervenire concretamente sulla solitudine come condizione di disagio fisico. Non siamo dei tassisti, ma i nostri volontari accompagnano le persone che hanno bisogno, instaurando con loro relazioni che vanno oltre il servizio".

"Il volontario quando accompagna una persona la segue, per esempio all'interno della struttura sanitaria, la aiuta a pagare il ticket o a effettuare la prenotazione con l’impegnativa, proprio per farla sentire meno sola anche in queste piccole attività. Per quanto riguarda la socialità vera e propria sono tantissime le attività, a Castelmassa, solo per citarne una, hanno fatto corsi di cinese e arabo. Poi c'è tutto il filone dei corsi dell'università popolare. Ma anche la tombola della domenica che viene fatta in alcuni circoli, non è solo un momento di svago, di gioco fine a se stesso, ma un momento di socialità, di confronto, un appuntamento che si ripete e che crea anche un'attesa. Tutto è funzionale al benessere. Credo che l’impegno di tutti i volontari Auser e della rete che riescono a creare sia davvero prezioso. Purtroppo, però, spesso chi fa volontariato viene dato per scontato. E non si considerano le difficoltà che devono fronteggiare le associazioni e il fatto che riescono ad andare avanti solo grazie alla generosità e agli sforzi di chi si mette al servizio degli altri gratuitamente”.

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