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A Rovigo più pensioni che stipendi

Lo studio della Cgia rivela che il Polesine è l'unica provincia veneta con più trattamenti previdenziali che occupati.

A Rovigo più pensioni che stipendi

La Cgia avverte: fra qualche anno il sorpasso ci sarà in tutto il Paese.

L’equilibrio fra lavoratori e pensionati in Polesine è già saltato. Perché il numero di chi percepisce uno stipendio è inferiore al numeri di chi percepisce un trattamento pensionistico. E nemmeno di poco, perché la differenza è quasi 10mila.

A sottolinearlo è la Cgia di Mestre, che nota come “dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia veneta più virtuosa è Verona che registra un risultato pari a +86mila. Seguono Padova con +74mila, Vicenza con +67mila, Venezia con +63mila e Treviso con 61mila. Le situazioni più critiche, invece, riguardano Belluno e Rovigo. Se nella provincia dolomitica il numero delle pensioni ha raggiunto quello dei lavoratori attivi, a Rovigo il sorpasso è già avvenuto. Il saldo, infatti, è pari a -9mila”.

Il perché di questa enorme sperequazione a Rovigo è presto detto: a livello regionale ha il più alto tasso di anziani e il più basso tasso di occupazione. L’indice di dipendenza strutturale, il rapporto tra la popolazione in età non attiva, cioè quella fra 0 e 14 anni e quella con 65 anni e più, e la popolazione in età attiva, dai 15 ai 64 anni, in Polesine è passata dal 58,2% del 2017 al 62% del 2023. Già sopra il 50% significa che c'è uno squilibrio. E, secondo le proiezioni dell’Istat, nel 2043 si arriverà a oltre il doppio, il 100,28%.

Sulle pensioni, il dato polesano è ancora più preoccupante. Perché nell’analisi si considera il complesso dei trattamenti pensionistici. Ecco, allora, che le 101.541 pensioni che emergono dagli ultimi dati Inps, relativi al 2022, sono la somma delle pensioni assistenziali, che sono di fatto i sussidi per chi ha reddito scarso o insufficiente, pensioni di invalidità, che vanno a chi abbia una riconosciuta riduzione permanente della capacità di lavoro, delle pensioni indennitarie, che sono corrisposte in seguito a un infortunio sul lavoro, per causa di servizio o per malattia professionale, e delle pensioni di vecchiaia, che vanno a lavoratori che abbiano raggiunto l’età e i requisiti contributivi previsti dalla legge. Sono proprio queste ultime le “pensioni” vere e proprie, quelle degli ex lavoratori che si sono fermati e che hanno un peso maggiore all’interno del sistema previdenziale. Ecco, allora, che se si guarda a quest’ultimo dato, il bilancio del Polesine è ancora più pesante, perché ci sono circa 93mila occupati e 61.103 percettori di pensioni di vecchiaia, quindi due pensionati ogni tre lavoratori e, tendenzialmente, la loro contribuzione, già di per sé non è affatto sufficiente a coprire quelle pensioni.

Guardando al complesso dei trattamenti pensionistici analizzato dalla Cgia, emerge come a Verona, sesta in questa classifica a livello regionale, ci siano 330mila pensionati per 416mila occupati, a Padova, nona in Italia, 339mila rispetto a 413mila, a Vicenza, che è decima, 318mila e 385mila, a Venezia, che segue a ruota nella classifica nazionale, 310mila rispetto a 373mila, a Treviso, che è sempre nel filotto delle venete, in 12esima posizione, 317mila e 378mila. Belluno, che si trova vicino a metà classifica, nella 48esima posizione, le pensioni sono 87mila e gli occupati sono ugualmente 87mila. Rovigo, con il suo gap da 9mila prestazioni in più rispetto agli occupati, rispettivamente 102mila e 93mila, nella seconda metà della classifica nazionale, al 66esimo posto.

Anche guardando solo alle pensioni di vecchiaia, nessuno in Veneto ha un rapporto così squilibrato come Rovigo. A Belluno le pensioni di vecchiaia sono infatti 53.906 rispetto agli 87mila occupati, quasi un rapporto di uno a due, non troppo lontano anche a Treviso, con 200.148 e 378mila, ma che c’è abbondantemente a Padova, con 205.292 e 413mila, a Verona 205.032 e 416mila e a Vicenza con 197.221 e 385mila.

Tornando al dato complessivo delle pensioni, la Cgia evidenzia come il numero dei lavoratori dipendenti e degli autonomi in Veneto nel 2022 era pari a 2,1 milioni, mentre il numero di trattamenti pensionistici 1,8 milioni. Quindi, un saldo pari a +342mila, e, a livello regionale, solo la Lombardia, con +733mila, ha un saldo migliore, mentre nel Mezzogiorno si pagano già più pensioni che stipendi. Però, avverte, “nel giro di qualche anno il sorpasso è destinato a compiersi anche nel resto del Paese. Veneto compreso. Secondo alcune previsioni, infatti, entro il 2028 nella nostra regione sono destinati a uscire dal mercato del lavoro per limiti di età 272.400 addetti. E’ evidente, visto la grave crisi demografica in atto, che difficilmente riusciremo a rimpiazzare tutti questi lavoratori. Insomma, nel giro di pochi anni i trattamenti pensionistici erogati dall’Inps in Veneto sono destinati a superare le buste paga”.

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