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IL DATO

Universitari, i polesani secondi solo ai "gran dottori"

Il 53% di chi ha fatto la maturità in Polesine sceglie l'università. A Padova il 58,3%

Universitari, i polesani sotto solo ai "gran dottori"

Il 53% di chi ha fatto la maturità in Polesine sceglie poi di iscriversi all’Università. Una percentuale più alta della media regionale e secondo valore percentuale più alto dopo quello di Padova, che svetta al 58,3%, quasi a tener fede al fatto che gli abitanti della Città del santo sono “gran dottori”.

Alle spalle di Padova, c’è Rovigo, che per una volta si lascia alle spalle Verona, con il 52,6%, Treviso con il 50,8%, Venezia con il 50,4%. Vicenza con il 50,1% e Belluno, questa volta staccata e sola in fondo alla classifica, nonché unica in Veneto al di sotto del 50% con il 47,4%.

Si tratta di numeri riferiti al 2022, che emergono da un’analisi di Openpolis su dati Istat, nella quale di considera la percentuale di neo-diplomati che si iscrivono per la prima volta all’università nello stesso anno in cui hanno conseguito il diploma di scuola superiore, con l’esclusione, però, degli iscritti a istituti tecnici superiori, istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica, scuole superiori per mediatori linguistici e presso università straniere.

Per la verità il Veneto non brilla per tassi di iscrizioni universitarie, fenomeno analizzato da tempo e che sembra viaggiare di pari passo con una maggiore propensione all’imprenditorialità in giovane età. Se, infatti, a livello nazionale, il 51,7% dei giovani neo-diplomati si è iscritto all’università, la percentuale varia dal 57% del centro Italia al 53,5% del nord, e scende sotto la metà del totale nel mezzogiorno con il 47,4%. Ma tra le regioni, agli ultimi posti c’è la Campania con il 39,2%, la Sicilia con il 49,6%, la Sardegna con il 51,5%, poi Calabria e Veneto con il 52,3%. In 6 province oltre il 60% si è iscritto all’università nel 2022: Isernia (66,7%), L’Aquila (62,6%), Teramo (62%), Parma (61,8%), Trieste (61,2%) e Pescara (60,3%). Al contrario in circa un territorio su 5 i neodiplomati iscritti all’università rappresentano meno della metà del totale.

Non a caso, nota Openpolis, “tra i paesi europei, l’Italia è agli ultimi posti per quota di giovani laureati in università o con un titolo terziario equivalente. Nel 2023 ne era in possesso il 30,6% dei giovani italiani tra 25 e 34 anni. Un’incidenza in crescita rispetto al 29,2% dell’anno precedente, ma che pone il nostro paese al terzultimo posto nell’Unione europea, dopo Romania (22,5%) e Ungheria (29,4%)”.

Ma è anche una questione economica, come emerge della recente indagine Istat sul comportamento, gli atteggiamenti e i progetti futuri dei giovani tra 11 e 19 anni: “Chi pensa di avere una situazione economica non molto o per niente buona vuole andare all’università nel 46% dei casi, mentre tra chi ha una situazione molto buona è il 67,1% a esprimere l’intenzione di andare all’università. All’opposto, chi ha una situazione economica non molto o per niente buona nel 24,5% dei casi si orienta verso il lavoro contro il 14,2% di chi ha una situazione economica molto buona”. Però c’è, all’opposto, anche una spinta di riscatto sociale. Che non va trascurata.

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