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Come schiavi: 5 euro l'ora e niente ferie

L'inchiesta dei carabinieri svela condizioni disumane per i lavoratori

Stipendi da 5 euro l'ora: il caporalato nel settore tessile a Brugine

Il caporalato è una piaga che, nonostante i progressi legislativi e sociali, continua a colpire duramente il tessuto economico e umano del nostro Paese. L'ultima inchiesta condotta dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro (Nil) di Venezia, in collaborazione con i colleghi di Padova e della Compagnia di Piove di Sacco, ha portato alla luce una realtà agghiacciante nel settore tessile a Brugine, in via Porto Superiore. Due anni di indagini hanno rivelato un sistema di sfruttamento che ha ridotto venticinque lavoratori, per lo più stranieri, a condizioni di vita e lavoro disumane.

L'indagine, denominata "Trousers", è iniziata nel gennaio 2022 e si è conclusa nel luglio 2024. Durante questo periodo, i carabinieri hanno raccolto prove schiaccianti contro quattro individui di nazionalità cinese, due dei quali titolari dell'azienda tessile coinvolta. Le accuse sono gravi: associazione per delinquere finalizzata all'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, violazione dei contratti nazionali e delle norme sulla sicurezza del lavoro, e impiego di manodopera clandestina. I lavoratori, reclutati principalmente tra cittadini pakistani, bangladesi e cinesi, venivano impiegati in condizioni degradanti. Turni di lavoro fino a 14 ore al giorno, stipendi da fame di 5 euro l'ora o meno, e alloggi fatiscenti erano la norma. Le violazioni non si limitavano solo agli orari di lavoro e alle retribuzioni, ma includevano anche gravi mancanze in termini di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro.

Le testimonianze raccolte dai carabinieri dipingono un quadro desolante. I lavoratori erano costretti a vivere in due immobili in condizioni igienico-sanitarie al limite dell'umano. Questi alloggi, situati nelle adiacenze dell'azienda, erano parte integrante del sistema di sfruttamento: chi non accettava queste condizioni non poteva lavorare. La situazione era resa ancora più drammatica dal grave stato di bisogno dei lavoratori, molti dei quali clandestini. La necessità di guadagnare per sostenere le proprie famiglie nei paesi d'origine li spingeva ad accettare qualsiasi condizione lavorativa, per quanto disumana.

L'operazione "Trousers" ha portato all'emissione di due misure cautelari personali dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per i titolari dell'azienda. Inoltre, il tribunale di Padova ha disposto il sequestro preventivo dell'immobile adibito a laboratorio e dei due alloggi, per un valore complessivo di 400mila euro. Gli indagati sono stati ritenuti responsabili di un "quadro indiziario gravissimo" e di un "concreto ed attuale pericolo di reiterazione del reato", elementi che hanno giustificato le misure restrittive adottate.


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