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coimpo 10 anni dopo

“La vita non viene dopo il profitto”

Mazzi di fiori davanti alla targa. Don Lucio: “E’ inaccettabile morire sul lavoro”

“La vita non viene dopo il profitto”

La comunità di Ca’ Emo, adriese e polesana ha riportato le lancette dell’orologio indietro di 10 anni, a quella drammatica mattina del 22 settembre 2014 quando in via America, nel sito produttivo Coimpo-Agribiofert si consumava una delle più gravi tragedie nazionali con la morte di quattro persone sul posto di lavoro.

I loro nomi sono stati ricordati sabato pomeriggio a Ca’ Emo, prima in chiesa, poi nel piazzale a loro intitolato: Nicolò Bellato, Marco Berti, Paolo Valesella e Giuseppe Baldan. Ai piedi della targa sono stati posti tre mazzi di fiori: uno dell’amministrazione comunale, uno dell’associazione Maestri del lavoro e un altro dei cittadini di Ca’ Emo. A dir poco commovente la presenza dei familiari con quel peso insopportabile che portano nei loro cuori da ben 10 anni: Katia Fornasiero con il figlio Luca, Monica Mozzato, Carlo Bellato con la moglie Luisa, i fratelli Bruno e Luigino Valesella.

Particolarmente significativa e autorevole la cornice istituzionale: dal sindaco Massimo Barbujani al primo cittadino di Rovigo, Valeria Cittadin, dalla deputata del Pd Nadia Romeo ai due sindaci Roberto Pizzoli di Porto Tolle ed Elisa Sette di San Martino di Venezze, in rappresentanza della Provincia. Quindi i rappresentanti delle forze dell’Ordine e corpi dello Stato, oltre a vigili del fuoco e polizia locale. Presenti con il loro labaro l’associazione Amnil, Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro, e i Maestri del lavoro con il console onorario Paolo Pizzardo.

Ancora una volta particolarmente dure le parole di don Lucio Pollini che ha celebrato la messa in suffragio delle quattro vittime. “Viviamo in una società che si dice libera - ha affermato con fermezza - invece siamo dentro gli ingranaggi della schiavitù di un sistema economico che misura tutto con il denaro, al punto che anche la vita umana viene dopo il profitto”. Per poi aggiungere: “Sono sacerdote ma anche uomo, pertanto quanto sento e vedo certe mi cose mi ribolle il sangue: 3 morti al giorno sul lavoro è inaccettabile”.

Un lungo e caloroso applauso ha salutato le toccanti testimonianze di Luca Berti e Carlo Bellato.

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