VOCE
ECONOMIA
14.10.2024 - 07:58
Per la confederazione degli artigiani “il trattamento fiscale penalizza le piccole imprese”
Come Davide contro Golia. La Cgia, piccola e battagliera associazione di artigiani e padroncini del Nordest, si scaglia contro i giganti del web che - dicono - “a differenza delle nostre Pmi, continuano a fare ricavi da capogiro, senza versare al fisco quanto dovuto”.
Sino alla fine dell’anno scorso, infatti, hanno continuato a trasferire buona parte degli utili ante imposte realizzati in Italia nei paesi a fiscalità di vantaggio. Risultato? Grazie a queste operazioni elusive, il nostro erario ha incassato da queste WebSoft solo le briciole.
Vediamo i numeri emersi dal confronto messo a punto dall’Ufficio studi della Cgia. Se le 422mila imprese presenti in Veneto pagano ogni anno 7,6 miliardi di tasse, le 25 multinazionali del web ubicate in Italia, invece, ne versano molte meno: secondo l’area studi di Mediobanca solo 206 milioni di euro. Certo, le dimensioni economiche di queste due realtà sono molto diverse, ma, dal punto di vista degli artigiani mestrini, il risultato che emerge è sconsolante. Insomma, le prime ne pagano ben 37 volte più delle seconde.
Ancorché il risultato della comparazione risenta di alcune fragilità presenti nella metodologia di calcolo adottata, l’Ufficio studi della Cgia ipotizza che solo le imprese presenti in Molise e in Valle d’Aosta pagano in termini assoluti meno tasse delle principali big tech ubicate nel nostro Paese. Un banalissimo caso di scuola riesce a dimostrare come il carico fiscale su questi giganti sia molto inferiore a quello in capo alle imprese italiane che, per oltre il 98% del totale, hanno meno di 20 addetti. Pertanto, se nella regione più piccola del Mezzogiorno il gettito delle principali imposte pagate dalle aziende residenti in questo territorio è pari a 175 milioni di euro e in Valle d’Aosta a 190, nel 2022 i giganti del WebSoft hanno prodotto 9,3 miliardi di fatturato e versato al fisco italiano complessivamente 206 milioni di euro. Nulla a che vedere con quanto “contribuiscono” le imprese lombarde che, invece, pagano all’erario 125 volte in più di quanto versano questi 25 colossi digitali, quelle laziali 56,7 in più, quelle emiliano-romagnole 38 e quelle venete 36,8.
Certo, quella appena richiamata è una comparazione che presenta una serie di limiti metodologici e non ha alcun rigore scientifico. “Tuttavia, il ricorso sistematico all’elusione praticato negli anni ha aumentato questa disparità di trattamento - dicono dalla Cgia - mettendo in evidenzia in misura inequivocabile che, in Italia, alle grandi multinazionali, in questo caso tecnologiche, continua a essere riservato un prelievo fiscale ingiustificatamente modesto”.
Secondo la Confederazione degli artigiani “in Italia c’è un trattamento fiscale che ‘penalizza’ i piccoli e ‘favorisce’ i giganti. Infatti, se sui nostri imprenditori grava un tax rate effettivo che sfiora il 50%, sulle big tech, invece, si attesta al 36%. E sebbene da quest’anno entri in vigore la Global minimum tax il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto: 381,3 milioni di euro, nel 2026. Ma ora - dicono ancora dalla Cgia - con una manovra per il 2025 ancora tutta da scrivere, visto che recuperare una decina di miliardi di euro di coperture non sarà un’operazione per nulla facile, bisognerebbe chiedere qualche sacrificio aggiuntivo in particolare a chi, in questi ultimi anni, ha registrato profitti straordinariamente elevati, ma ha versato poche tasse, perché ha fatto ricorso a tecniche elusive che gli hanno consentito di spostare una parte degli utili ante imposte realizzati in Italia nei paesi a fiscalità di vantaggio”.
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