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confagricoltura
28.10.2024 - 07:00
Calo delle rese e valore della produzione in ribasso. Per il grano duro del Veneto sta per andare in archivio un’altra annata difficile, condizionata dalle avversità climatiche. E nonostante l’Italia sia il primo produttore mondiale di pasta, il tasso di approvvigionamento del cereale a livello nazionale è passato dal 78% del 2012 al 56% del 2023, con un trend per quest’anno che si prefigura sotto il 50%.
Il Veneto già nel 2023 aveva segnato un calo delle rese del 3,3% nonostante l’incremento del 10% delle superfici coltivate a frumento duro, pari a 21.300 ettari. Rovigo si conferma leader del settore, con oltre il 65% delle superfici coltivate a livello regionale, pari a circa 14.000 ettari (+10,7%), seguita a notevole distanza da Verona (2.900 ettari, +1%) e Padova (2.800 ettari, +16%). Anche il valore della produzione è calato, influenzato dalle importazioni: negli ultimi dodici mesi c’è stata una diminuzione del 20% del prezzo medio all'origine del grano duro, che è passato da circa 363 euro a tonnellata a 287 euro.
“Il problema del cereale è che ha risentito nelle ultime due stagioni delle abbondanti piogge primaverili - dice Chiara Dossi, presidente della sezione cereali alimentari di Confagricoltura Veneto e titolare di un’azienda cerealicola ad Adria -. Il grano duro è più sensibile rispetto a quello tenero, perciò ne ha risentito notevolmente sia sotto il profilo quantitativo, con calo delle rese del 25-30%, sia sotto quello qualitativo. Oltre alle piogge, anche le grandinate hanno inciso sul calo di produzione. A questo va aggiunto il tonfo dei prezzi, condizionato dall’arrivo di merce abbondante dall’estero, in primis da Ucraina e Turchia”.
Anche le prospettive per la prossima annata non sono delle migliori. “Con queste continue piogge autunnali siamo in difficoltà a seminare - spiega la presidente -. Già in questi giorni dovremmo cominciare con le semine dei cereali autunno-vernini, cioè frumento duro e tenero e orzo, ma i terreni sono impregnati d’acqua ed entrare nei campi è impossibile. Tanto più che dobbiamo ancora completare la campagna di raccolta della soia. La situazione è critica, anche perché prevedono nei prossimi giorni ancora piogge e poi si andrà incontro all’inverno, con giornate più corte, meno ore di sole e l’arrivo delle prime nebbie. È difficile, quindi, che il terreno si asciughi”.
Alla luce delle criticità, le previsioni di semina potrebbero cambiare: “Potrebbe esserci ribasso nelle semine del duro, che è il frumento più delicato, con i produttori che potrebbero puntare sul grano tenero o sull’orzo, invertendo quella che era stata la tendenza fino a due anni fa, quando il frumento duro dava soddisfazioni sotto ogni punto di vista. Speriamo in stagioni migliori, ma una cosa è certa: la filiera va rafforzata, andando ad agire in modo aggregato su più fronti, a partire dalla gestione del rischio. I produttori possono fare la loro parte investendo in nuove tecnologie, ma solo se le produzioni vengono riconosciute in maniera adeguata. L’interrogativo che ci stiamo ponendo come produttori è: interessa ancora il nostro prodotto oppure no? L’industria aveva sostenuto il progetto del grano al cento per cento italiano, ma ci sembra che i propositi non siano sostenuti da altrettanta concretezza”.
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