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DUE NOVEMBRE

Il vescovo: “Attenti a privatizzare la morte”

La funzione al cimitero con monsignor Pierantonio Pavanello. “Ricordare è un dovere. Significativa la partecipazione delle autorità”

Il vescovo: “Attenti a privatizzare la morte”

La funzione al cimitero. “Ricordare è un dovere. Significativa la partecipazione delle autorità”

Commemorare per restare umani: è una luce sottile, una nebbia impalpabile quella che ha avvolto il giorno in cui, secondo l’antica tradizione cristiana, si ricordano i fedeli defunti. Anche Rovigo, nel primo pomeriggio di ieri, con la messa al cimitero presieduta dal vescovo Pierantonio Pavanello, alla presenza del sindaco Valeria Cittadin, del prefetto Franca Tancredi e delle rappresentanze di polizia e guardia di finanza, ha reso omaggio ai cittadini che, nel corso del tempo, ci hanno preceduto nel vivere, frequentare, abitare la comunità.

“Ricordare i nostri cari è un dovere di riconoscenza ed è bello che lo facciamo non solo come singoli individui, ma anche come comunità. In questo senso è significativa la partecipazione a questo rito di suffragio delle autorità civili, innanzitutto del sindaco che rappresenta tutta la cittadinanza di Rovigo”, ha sottolineato il vescovo durante l’omelia della celebrazione.

Ricordo, come segno anche di comunità viva attorno a coloro che non ci sono più ma che hanno lasciato in noi una traccia profonda: “Abbiamo bisogno di ricordare i nostri cari defunti per non rischiare di perdere parte della nostra umanità”, ha continuato Pavanello.

In un costante e rapido mutamento sociale, quest’ultimo ha evidenziato come: “Si stia diffondendo la pratica di evitare qualsiasi rito, non solo religioso ma anche laico, in occasione della morte di un familiare: si stanno diffondendo infatti i casi in cui la salma viene avviata alla sepoltura o alla cremazione non solo senza un momento di preghiera, ma neppure di saluto e congedo”. Attenzione, dunque, al fenomeno crescente della “privatizzazione della morte”, reso possibile anche attraverso la conservazione delle ceneri fuori dai cimiteri, impedendo, di fatto, una memoria collettiva, e al rapporto che si tesse con il ricordo dei cari: “A volte - continua Pavanello - pur venendo da una tradizione cristiana, la speranza della vita eterna rimane per i più una formula vuota di significato. Da qui, la tendenza a basare il nostro legame con i defunti più su aspetti molto materiali, oserei dire fisici, che sulla preghiera e la comunione in Dio”.

“A questo punto vorrei lasciare la parola ad un testimone” ha poi concluso il vescovo, lasciando parlare gli ultimi pensieri del testamento di Sammy Basso, il ricercatore 28enne malato di progeria, mancato poche settimane fa.

Un esempio - ha sottolineato - “del suo modo di guardare alla morte e di come desidera essere ricordato”. Una vita luminosa come una candela accesa - delle tante che in questi giorni si vedono brillare - capace, dicendola come Lev Tolstoj, di “accendere migliaia di candele… migliaia di cuori”.

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