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IL CASO

“Salvate quelle pietre superstiti”

Per Scarpari era “vicolo di don Abbondio” per la somiglianza con la descrizione manzoniana

“Salvate quelle pietre superstiti”

Per Scarpari era “vicolo di don Abbondio” per la somiglianza con la descrizione manzoniana

 “Salvate quel muretto”. Più esattamente quelle poche pietre “superstiti” in via ex Riformati. L’appello arriva da un gruppo di studiosi adriesi, particolarmente legati alla storia della città. Vale sempre il solito detto: “Se non conosci il tuo passato, non sai vivere pienamente il presente e non potrai costruire il futuro”.

Le pietre “superstiti” sono in via ex Riformati, la stradina tra via Angeli e via Brollo, parallela a corso Vittorio Emanuele II a una cinquantina di metri, sul versante ovest. Una stradina che ha perso la sua originalità e singolarità a seguito dell’urbanizzazione degli ultimi decenni, purtroppo incurante nel rispettare le caratteristiche della città con oltre 3.000 anni di storia alle spalle. Una stradina tanto particolare che Gianfranco Scarpari, del quale quest’anno si celebra il centenario della nascita, l’aveva ribattezzata “vicolo don Abbondio”. Questo perché tanta era la somiglianza alla descrizione manzoniana del luogo in cui avvenne il fatale incontro tra il curato e quei bravacci che gli intimarono di fermare “quel” matrimonio.

“Scarpari aveva colto nel segno – osservano questi studiosi – Del resto solo lui ingegnere e uomo di cultura sapeva e poteva penetrare lo spirito di un contesto urbano. Purtroppo quello spirito è andato perduto in via ex Riformati. Per questo sarebbe importante salvaguardare almeno quelle poche pietre come storica testimonianza, magari ricostruendo un tratto del muretto”. Quelle poche, tristi pietre, sono quel che restano di un muretto che da via della Fossa costeggiava la stradina fino a via Angeli. Qualche secolo fa, conduceva al convento e chiesa dei frati (frati riformati, da qui il nome della via, ndr) ovvero l’attuale parte vecchia dell’ospedale civile.

Ma c’è di più. “Sarebbe importante – dicono questi studiosi – salvaguardare e proteggere queste poche pietre sopravvissute alla realizzazione di un piccolo parcheggio, anche come monito per l’immenso patrimonio archeologico che sta sotto i nostri piedi. Infatti, secondo alcuni studi, qui sotto ci sono ancora i resti di una strada romana e tanto altro. Altre città fanno a gara per riportare alla luce e mettere in ‘vetrina’ il proprio patrimonio, speriamo che anche Adria sappia fare altrettanto”.

A proposito di scavi e tesori nascosti. “Con questo nostro appello auspichiamo che Adria possa ritrovare l’orgoglio del proprio passato. La studiosa e archeologa Giovanna Gambacurta, già direttrice del nostro museo, particolarmente affascinata dalla nostra città, come gran parte delle persone che vengono da fuori, ha eseguito alcune ricerche nella parte nord, zona Amolara per intenderci, e si dice sicura che possano esserci i segni di insediamenti ben anteriori ai greci, quindi si potrebbe anticipare l’origine della città almeno di un millennio. Sarebbe interessante poter avviare una grande campagna di scavi con il coinvolgimento di istituzioni civili e culturali, enti, associazioni e fondazioni per scrivere qualche altra pagina gloriosa di questa città, tra le più antiche del Veneto”.

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